Padre Pio e le stigmate, un santo amato e “temuto”

29 Settembre 2020
Lettura 4 min

di Giuseppe Rinaldi – Per i credenti la cosa è ormai fuori discussione, Padre Pio da Pietrelcina è stato elevato agli onori dell’altare e, pertanto, la sua vita e le stigmate che ha seraficamente portato per oltre cinquanta anni sono cose sante. Non c’è più discussione che tenga.

Per i non credenti, invece, la discussione sul cosa, come e perché è un dibattito che interessa ancora.

E’ consuetudine celebrare l’apparizione delle stigmate sul corpo di Padre Pio il 20 di settembre di ogni anno anche se la verità non sta proprio in detti termini. Infatti, subito dopo la Sua ordinazione sacerdotale, il francescano si accorse di avere su di se i segni del Cristo durante i primi giorni di settembre del 1910. In quel periodo si trovava a Pietrelcina per una licenza a seguito di una malattia polmonare.

Di queste prime stigmate informò il Suo direttore spirituale scrivendo: «In mezzo al palmo delle mani è apparso un po’ di rosso, grande quanto la forma di un centesimo, accompagnato da un forte e acuto dolore. Questo dolore è più sensibile alla mano sinistra. Anche sotto i piedi avverto un po’ di dolore.»

Tranne che per pochissimo tempo questi segni non si resero visibili, giacché lo stesso Santo pregò che gli fossero cancellati pur in permanenza del relativo dolore. In tale occasione, al fine di assecondare la madre, lo visitò il medico del paese, dott. Andrea Cardone che dopo averla rassicurata sulla salute del figlio, pur precaria, non rivelò che questi aveva sul palmo di ogni mano veri e propri “buchi” non riconducibili ad alcuna delle patologie a lui note. Trascrisse per sé le impressioni, e la cosa finì lì. Ecco perché, è al 20 settembre 1818 che si fa ufficialmente risalire il momento dell’apparizione delle piaghe “visibili”, quelle che accompagneranno il Santo per oltre cinquanta anni.

Il primo medico che con attenzione visitò le lesioni comparse sul corpo di Padre Pio fu il dottor Luigi Romanelli, primario dell’Ospedale civile di Barletta. Era stato invitato dall’allora ministro provinciale dei Frati Minori Cappuccini della Provincia religiosa di Sant’Angelo – Foggia, padre Benedetto Nardella da San Marco in Lamis. Nella sua relazione, a seguito di accurata visita avvenuta il 15 maggio 1919, precisò innanzi tutto che non vi era alcuna spiegazione scientifica che potesse illustrare il fenomeno, aggiungendo, in altra parte dello scritto che: «applicando il pollice nella palma della mano e l’indice nel dorso, coprendo in tal guisa le due zone descritte e facendo pressione, che riesce oltremodo dolorosa, si ha la percezione esatta del vuoto esistente fra le due dita, soltanto divise dalle membrane e da tessuto sottile e molle, che alla pressione dà l’idea di sabbia, mentre non si percepisce alcuna resistenza né da parte delle ossa, né dei tessuti molli esistenti in dette regioni».

Fu quindi la volta del dott. Giorgio Festa, su incarico del Ministro Generale dei Cappuccini, a visitare il Santo. Lo fece non trascurando alcun aspetto fisico e psicologico e la sua relazione si concluse, anche in questo caso, con l’affermazione di trovarsi dinanzi un caso straordinario, non spiegabile dalla conoscenza medica.

Di tutt’altro tenore, quanto scrisse all’allora sant’Uffizio lo scienziato francescano Agostino Gemelli a seguito di un breve e non sereno incontro avuto con padre Pio, senza da questi ricevere l’autorizzazione di potere vedere le piaghe. Padre Gemelli è stato un medicopsicologo e accademico italiano, fondatore dell’Università dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e dell’Istituto secolare dei Missionari della regalità di Cristo e dell’Opera della Regalità.

Il suo parere era tenuto in grandissimo conto in Vaticano. A dire il vero, non è dato sapere, con certezza, se quanto ebbe a riferire alla Santa Sede, abbia avuto un qualche diretto peso sulle restrizioni che Padre Pio dovrà subire dal sant’Uffizio a partire dal 2 giugno 1922.

Queste richiedevano: 1) Si stia in osservazione intorno alla figura di Padre Pio e si eviti ogni singolarità e rumore; 2) Non celebri la Santa Messa ad orario fisso, ma a qualunque ora, a preferenza “summo mane” ed in privato; 3) Non dia benedizioni sul popolo; 4) Per nessun motivo egli mostri le cosiddette stigmate, ne parli e ne le faccia baciare; 5) Si giudica opportuno che Padre Pio abbia un altro direttore diverso da padre Benedetto da San Marco in Lamis, col quale dovrà interrompere ogni comunicazione anche epistolare. Ma certo la relazione bene non fece, visto che padre Gemelli lo definì “uno psicopatico ignorante, che indulgeva in automutilazione e si procurava artificialmente le stigmate allo scopo di sfruttare la credulità della gente”.

Tra i sacerdoti Padre Gemelli non fu l’unico a mostrare ostilità verso il Santo. Primo fra tutti fu l’Arcivescovo di Manfredonia Pasquale Gagliardi, che lanciò contro il frate accuse d’incontri sessuali con le donne a lui devote; accuse mai provate che però gli si ritorceranno contro tanto che a seguito di un’indagine apostolica fu rimosso dal suo incarico. Anche don Umberto Terenzi, rettore del più onorato santuario di Roma, quello del Divino Amore, non gli fu certo amico. Infatti, ottenuto dal Sant’Uffizio l’incarico verbale di indagare sul frate si recò a San Giovanni Rotondo, ma una volta sul posto esagerò, ponendo dei microfoni nel suo confessionale. Il Pontefice, Giovanni XXIII, che ebbe accesso ai nastri non li volle ascoltare.

La cosa strana è che il predetto Terenzi, pur resosi colpevole di una gravissima mancanza in ordine al segreto della confessione, è sulla via della santificazione, anche se, in atto, l’iter pare molto rallentato.

Se padre Gemelli, dal canto suo, aveva suggerito al Sant’Uffizio che le stigmate di Padre erano tra l’altro frutto d’isterismo, se non addirittura artificiosamente provocate (cosa che pose la Santa Sede in ulteriore stato d’allerta nei confronti del frate), certo dall’altro canto non lo aiutò il ritrovamento di alcune richieste olografe indirizzate ad un farmacista di Foggia, tramite la devota Maria De Vito, al fine di procurarsi alcuni flaconi di acido fenico e di veratrina, sostanze fortemente caustiche atte a causare bruciature sulla epidermide.

Come è noto dopo la morte del Santo del stigmate scomparvero, erano sorte con Padre Pio giovane sacerdote, si richiusero con Padre Pio non più in vita. Avevano esaurito la loro funzione di testimonianza della Passione di Cristo nel tormentato 1900, attraverso il corpo del francescano.

Tutto questo oramai è storia superata, in quanto, come detto all’inizio, Padre Pio è nel frattempo divenuto Santo e questo per i credenti lo pone al di sopra di ogni sospetto. Per gli altri la discussione è sempre aperta, anche se il tempo poco per volta avvolgerà nelle sue brume, gli intrighi, i pettegolezzi, le indiscrezioni sull’uomo che, comunque si guardi, è stato protagonista di gran parte del secolo scorso.

Nato in Piemonte cresciuto in Sicilia: Siracusa, Adrano, Giardini Naxos. Cavaliere della repubblica, pensionato, 46 anni di servizio presso l’Agenzia delle Entrate già Uffici Imposte Dirette. Ha scritto per Tribuna del Mezzogiorno; Gazzetta del Sud;
Il secolo d’Italia; La Padania e qualche testata locale.

IL GIORNALE

Direttrice: Stefania Piazzo
La Nuova Padania, quotidiano online del Nord.
Hosting: Stefania Piazzo

Newsletter

Iscriviti alla nostra Newsletter!

Servizio Precedente

VIDEO / Cina. Il mistero dell’incendio nel laboratorio ricerca e sviluppo di Huawei

Prossimo Servizio

Nuove indagini su conti imprenditori e su Barachetti. “Partite di giro”?

Ultime notizie su Cultura

TornaSu

Don't Miss