Lorenzo Lotto, la teologia del pittore di Maria. “Natività in notturno”

3 Gennaio 2021
Lettura 4 min

Una triste e piovosa sera di novembre Lorenzo Lotto, pittore, alla fioca luce di un candeliere si mette a scrivere, dando così inizio a quello che poi sarebbe diventato il suo Libro di spese diverse. Si trova ad Ancona, in questo novembre del 1538; ha già alle spalle anni di girovagare per le province italiane, ha accettato incarichi in piccole città, in paesi e chiese di campagna. Sì, certo, è stato anche a Roma, alla corte papale, ha potuto far parte della gloriosa compagnia che doveva affrescare gli appartamenti papali.

E anche a Venezia, la sua città…Ma poi succede sempre qualcosa, si sente messo da parte, lo prendono in giro, ridono dei suoi cartoni, dei suoi quadri. E allora quante amarezze, delusioni, tristezze! Eppure, lui lo sa, ne è certo, che la vita può riservare mille sorprese, che esiste una sorta di ironia divina nascosta negli eventi e nelle stesse umili cose di tutti i giorni, c’è un fondo di bellezza e di mistero che niente e nessuno possono cancellare. E lui, Lorenzo, riesce a vederlo, tutto questo, riesce a dipingerlo!

Ma ci sono sempre, in agguato, i sorrisi beffardi di “colleghi”, illustri pensatori, persino di committenti. A Venezia, come lo guardano di traverso, che c’entra lui con la sua pittura così “strampalata” con quello che va dettando il “doge dei pittori”, il maestro Tiziano? E poi ci sono i conti, i conti che non tornano mai. Non guadagna abbastanza, i debiti lo rincorrono, inutile, con le cifre non possiede la dovuta dimestichezza. Oa ha deciso di annotare tutto, spera che in questo modo potrà forse fare un po’ di ordine, a cominciare da questa sua testa sempre in fermento. Sì, annoterà tutto, le spese, le committenze, i compensi, i disegni, i sogni, le idee, quel che lo ha colpito guardando un albero, un bambino che gioca, il riflesso del sole sull’acqua corrente di un ruscello, le pieghe di un mantello…Lo ha già compreso e studiato in opere straordinarie, come quelle del tedesco Durer, che la realtà, anche quella più banale, nasconde un linguaggio segreto che dialoga con il Mistero.

Si appoggia allo schienale della sedia. Pensa che tra poco più di un mese sarà di nuovo Natale. Un pensiero che lo conforta, mentre ascolta il forte scrosciare della pioggia sul tetto e contro le imposte alle finestre. A lui piace il Natale, piace pensare alla nascita di Cristo sulla terra, alla sua incarnazione, a sua madre, Maria. Ne ha dipinte, e ne dipingerà, diverse di Natività. Ha immaginato la scena nella capanna mille volte soprattutto quando osservava i contadini condurre gli animale nelle stalle, mentre i grassi campi della campagna lombarda fumigavano al calare della sera. Vedeva le famiglie riunirsi nelle fredde notti invernali, tra le balle di fieno e il calore delle bestie tranquille, per filare la lana, raccontare storie e piccoli episodi di vita quotidiana, per pregare.

Quasi vent’anni prima aveva dipinto un quadro in cui Maria si trova in un ricovero simile, china sul Bambino che emana una luce dolce, morbida e intensa, mentre la madre lo adagia dentro un recipiente con dell’acqua per lavarlo, insieme ad un’anziana donna che la aiuta, mentre Giuseppe osserva la scena alle spalle, in un angolo, mostrando con un gesto delle mani e con lo sguardo che gli rischiara il viso stupore e meraviglia. Una Natività in notturno, perché tutto si svolge proprio in una penombra rischiarata da una luce che proviene dal Bambino, pronto per essere immerso nell’acqua. Per terra si accumulano oggetti già trasformati in simboli. Tutto si svolge in un silenzio raccolto, assorto, che dilata il tempo.
Queste scene immerse nel buio e illuminate da poche, dirette fonti di luce diventeranno una caratteristica di molta pittura a venire, di Caravaggio, di La Tour, di molta pittura nordica.

Nella notte di Ancona Lotto torna a pensare al suo vagare. E’ sempre stato uno spirito inquieto, così poco capace di adattarsi ai gusti correnti e alle mode, così poco riconducibile a scuole e a correnti; sa di usare, continuamente, registri alti e bassi, innalzando l’umana realtà alle vertigini celesti e portando in terra le altezze divine. In una stalla poco illuminata ha messo il Cristo nascente in una sorta di pentola colma d’acqua, spargendo, intorno a Lui, umili oggetti e simboli misteriosi. E sempre sceglie e mescola colori scintillanti e tenui tinte che si stemperano in stoffe, tele, alberi, volti, cieli.

Che cosa deve fare? Sa che non riuscirà a cambiare, che è costretto, in un certo senso, a continuare in questo modo. Continuerà la sua vita raminga – le Marche; un salto nella Roma dei Papi; Bergamo; Venezia, ma in modo gramo e ancora più triste – deve costantemente affrontare le incertezze e le difficoltà per avere incarichi, tanto che ad un certo punto decide di organizzare una lotteria per vendere 46 opere: gliene comprano 7 e per appena 39 scudi dei 300 sperati. Alla fine sceglierà l’approdo al porto sicuro della Santa Casa di Loreto.

Continuerà a non imitare i grandi del tempo (Tiziano prima di ogni altro), continuerà ad essere un isolato, però i ritratti che dipinge rimarranno oggettivamente tra i più belli de suo tempo e forse di sempre. La sua fede traspare palpitante in tutte le sue opere, è probabilmente l’artista più religioso di tutti, ma su di lui pesa il sospetto di vicinanza ai luterani, anche perché a Venezia ha rapporti di amicizia con alcuni di loro e poi non può impedirsi di farsi delle domande alla luce delle questioni che solleva la Riforma. Non gli sono indifferenti lo stato di miseria in cui versa la maggioranza del popolo, le ingiustizie e le violenze che imperversano ovunque. Dice di lui l’Aretino che è «buono come la bontà, virtuoso come la virtù».

Eppure la fortuna di questo mondo non gli arride mai, i suoi meriti non vengono riconosciuti, le sue opere piacciono a pochi, deve continuare la sua lotta quotidiana per sopravvivere e per sconfiggere i demoni che si agitano dentro e fuori di lui. Lorenzo appoggia la penna sul foglio, si alza dalla sedia, si accosta un momento alle imposte della finestra e ascolta la pioggia battente. Gli sembra che quel battito si unisca a quello del suo cuore, come una preghiera. (fonte ACI Stampa)

Foto: Adorazione del bambino, 1546/’49 Basilica Santa Casa, Loreto
https://lorenzolottomarche.it/itinerario/loreto/adorazione-del-bambino-154850

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