L’INTERVISTA – Diritto autore, il grande Minellono: “Parlamento non recepisce la direttiva Ue. Sta coi colossi della rete Usa o con la musica italiana?”

20 Maggio 2020
Lettura 5 min

di Stefania Piazzo – O felix culpa! Dopo l’errore, dopo il male la natura umana ricerca il bene. O felice colpa! Forse non avrebbe mai immaginato Tommaso d’Aquino di essere chiamato in causa per spiegare la battaglia per il diritto d’autore. Ma d’altra parte questa sembra davvero essere una lotta tra una diabolica recidiva, della politica, in primis, alleata al sonnambulismo colpevole di chi rappresenta molte imprese, tanti media, e la necessità di riconoscere che essere autori di testi, di canzoni, artigiani insomma dell’arte, voglia dire esercitare un mestiere, realizzare un prodotto. Che non ha solo un valore immateriale, ma concretamente economico, frutto dell’ingegno. Perché l’arte che ci rappresenta e ci differenzia con genio dal resto del mondo, non deve essere pagata?

Cristiano Popi Minellono, autore monumentale della musica italiana, consigliere di vigilanza Siae e Presidente della Commissione Musica, sta sostenendo in questi giorni una petizione per chiedere, attraverso una massiccia raccolta firme, che il Parlamento italiano smetta di dimenticare di dover receprire la direttiva europea 2019/790 sul diritto d’autore nel mercato unico digitale.

Al Bano e Cristiano Minellono, autore dei più grandi successi dell’artista pugliese in coppia con Romina Power

La sostanza è questa: riconoscere il valore delle opere protette dal diritto d’autore sulle piattaforme online, opere divulgate, distribuite e scaricate senza un compenso equo agli autori.

Minellono, veder riconosciuto il valore del proprio lavoro sembra una cosa scontata. Ad oggi, invece, non lo è più. Tanto da dover arrivare ad una direttiva che lo sancisca di nuovo. Non è incredibile? Perché tutta questa resistenza?
La gente sta dalla nostra parte, comprende cosa sia il diritto d’autore. Ma c’è chi, politicizzato, pensa che la Siae sia un gabelliere dello Stato che mette una tassa sulla musica. Ma è pazzesco: il diritto d’autore non è una tassa! Insomma, se compri un telefonino, paghi chi lo ha progettato. Se compri uno shampo paghi chi lo ha progettato e realizzato, se ascolti una canzone paghi chi l’ha progettata e costruita. E’ esattamente la stessa cosa.
Sembrerò ripetitivo ma occorre essere chiari, per chi non vuol intendere: la canzone è un prodotto fatto da chi vive realizzando quel prodotto, cioè facendo canzoni. Semplice, no?
“.

Per salvare questo mestiere occorre ristabilire le regole. Altrimenti qual è il rischio reale, Minellono?
Se non paghi la canzone, chi la scrive non può vivere. Il risultato? Non ci saranno più autori, non ci saranno autori di musica leggera, classica, non ci saranno più autori di cinema, di televisione, di teatro, di danza. E’ un dramma di proporzioni inimmaginabili“.

Minellono e Zucchero

E la politica, a che gioco gioca?
Ci sono politici che si stanno dando da fare, ma sono pochi. Gli altri invece non hanno capito la posta in gioco, pensano che la musica sia un hobby. Vedi che neppure nei decreti che sfornano in continuazione in questo periodo di emergenza, della musica non si parla mai. Pensano che sia un divertimento, un giochino, una cosa superflua… e invece è una filiera di aziende che creano un indotto importante per il Pil italiano. Non dimentichiamoci che le nostre canzoni, i nostri film, ci hanno resi famosi nel mondo. Aiutano il nostro turismo, sono il nostro biglietto da visita, siamo Made in Italy“.

E neppure come Made in Italy la musica fa breccia nelle priorità di chi dovrebbe tutelare il lavoro, per Costituzione?
Ci sono politici ignoranti. Lo dico senza problemi. Poi ci sono politici che per altre ragioni si girano dall’altra davanti a gruppi come Google, Facebook, Youtube… Ci spieghino perché. Ci dicano perché non si adoperano per recepire la direttiva europea. Ci illustrino come mai il nostro lavoro non ha valore, per loro. Non è strano? A me non tornano i conti“.

La direttiva c’è, come intendete spingere sul Parlamento?
La raccolta firme è un passo per arrivare, in modo diretto, alle istituzioni. Noi partiamo dal basso, dalla gente, è il popolo sovrano che vuole arrivare al presidente della Repubblica, al governo, al ministero per i Beni culturali. Dobbiamo smuovere le coscienze ma essere concreti, altrimenti con azioni individuali non ci danno retta. La stessa Confindustria, che ha il comparto Arte, dovrebbe essere dalla nostra parte. Eppure sembra spingere dall’altra parte, verso i colossi americani. Forse perché c’è in ballo la pubblicità su queste piattaforme online? A discapito di una politica industriale che in modo sano rappresenta il made in Italy, l’arte? E’ incredibile! La dico tutta: meglio essere amici di Google piuttosto che degli autori italiani?“.

Il maestro Ennio Morricone, firmatario della petizione per recepire la direttiva Ue sul diritto d’autore

Si pensava che la rete portasse democrazia, invece la globalizzazione ha “espropriato” beni che prima avevano un nome e un cognome… Che ne pensa, maestro?
Noi rappresentavamo il 2 per cento del Pil italiano. L’azienda della musica oggi invece è in questa condizione: sono state chiuse almeno una cinquantina di case discografiche, parlo della Ricordi, dell’Ariston, della Durium… Sono state chiuse o svendute altrettante case editrici, chiusi stabilimenti di stampaggio dei dischi, attività con centinaia di dipendenti che davano lustro e guadagno all’Italia. Senza contare il danno per lo Stato. Molte case discografiche sono state anche assorbite, chi dalla Sony chi dalla Warner o dalla Universal.. Prima erano contribuenti italiani, è chiaro? Una società straniera le tasse non le paga in Italia. Il danno è di decine di miliardi di euro, nell’arco degli anni“.

La direttiva cerca di evitare la desertificazione. Si farà in tempo ad evitarla?
Qui stanno facendo sparire dei mestieri. Quando ho iniziato nel 1967 a fare il paroliere l’ho fatto perché era ed è un mestiere bellissimo. Se si faceva un successo si potevano vendere un milione, un milione e mezzo di dischi. Faccio un esempio estremo: se un tuo pezzo passava a Sanremo, si poteva guadagnare da 500mila a un milione di lire. Oggi, se un tuo pezzo passa a Sanremo, guadagni 100 euro! Dimmi una valida ragione perché oggi un ragazzo giovane, di talento, possa dire “faccio il paroliere”. Ti danno il disco d’oro per 15mila dischi. E un paroliere con un disco d’oro, per la quota di competenza, oggi guadagna 700-750 euro. E’ allucinante“.

Tanto quanto il reddito di cittadinanza?
Sì, come un sussidio che aiuta anche chi non ha voglia di lavorare e che va anche a quelli che non ne hanno diritto, le cronache sono piene di lazzaroni scoperti a prendere quel che non gli spetta. Insomma, vorremmo che la politica a cui poco importa della musica, del cinema, smettesse di remarci contro. Riconoscano il lavoro degli onesti“.

Gli animali, la grande passione del maestro Popi Minellono

Minellono, non è che si fa fatica oggi ad avere interlocutori che comprendano al volo i problemi?
Un tempo avevamo degli statisti. Oggi non abbiamo più gli Andreotti, i Fanfani, gli Almirante, i Berlinguer. Era gente con una laurea, con competenza. Stop. Dove non c’è conoscenza non si capiscono i problemi, non si capisce dove sta la verità, non si sa come si gestisce un’azienda… e non riesci a ricostruire il Paese“.

Oltre alla raccolta firme avete in progetto altre azioni?
Si potrà valutare un ricorso in sede europea, non escludo un evento in un teatro con gli autori più importanti per parlare alla gente. Ciò che conta è che siamo compatti: oggi nella Siae, che è cambiata radicalmente, ai vertici ci sono autori ed editori insieme, parliamo con un’unica voce, siamo un’azienda pulita. La gente crede che riceviamo soldi dallo Stato, quando invece non riceviamo alcuna sovvenzione, nessun contributo. I dischi non ricevono contributi da nessuno, a differenza di altri settori. Insomma, vogliamo fare il nostro lavoro, far sì che abbia un futuro, non vogliamo che si ripetano situazioni paradossali come quando abbiamo rischiato che l’Agcom ci multasse per posizione dominante sul mercato. Noi non siamo un’azienda! Siamo autori che si sono riuniti per tutelare il proprio lavoro. E’ così da Giuseppe Verdi ad oggi. I nostri bilanci sono controllati, vigilati, mai uno scandalo“.

Qual è la risposta della stampa e della televisione pubblica e privata alla petizione per recepire la direttiva europea?
Abbiamo avuto riscontri clamorosamente marginali. Siamo un costo per le reti pubbliche e private. E qui torno al discorso iniziale. Di chi si vuole essere amici, o partner? Degli autori o di altre piattaforme dove si fa pubblicità al proprio network? E allora, ecco che la battaglia per il diritto d’autore trova tiepidi o indifferenti ambiti importanti della comunicazione. Ma mentre in Europa la direttiva è stata recepita, in Italia dobbiamo fare il doppio della fatica per conquistare un diritto già sancito“.

Per firmare e condividere la petizione:

https://www.404copyright.it/

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