di Roberto Gremmo – Il giorno di Natale del 1853 i montanari valdostani si ribellarono alle leggi laiciste di Cavour e marciarono sotto una fitta neve per protestare contro l’abolizione delle feste religiose, chiedere meno tasse e difendere l’uso della lingua francese negli atti pubblici.
Passata alla storia (per chi la racconta tutta…) come la rivoluzione degli zoccoli, l’insorgenza Antirisorgimentale iniziò nella sperduta borgata di Champorcher e coinvolse decine di popolani arrabbiati che decisero di far sentire la propria rabbia al governo di Cavour che negli stessi giorni doveva fronteggiare le proteste popolari per il carovita in tutto il Piemonte.
Armati di vanghe, forconi e badili, i montanari marciarono compatti e, per prima cosa, bruciarono le nuove bandiere tricolori. Giunti però sotto il forte di Bard, invece di marciare su Torino presero la via senza sbocco di Aosta e la loro protesta venne facilmente soffocata dai maneggi dei notabili locali che circuirono con chiacchiere e promesse quei poveri rivoltosi, li ubriacarono e riuscirono a rinchiuderli con l’inganno dietro le sbarre.
Vi rimasero a centinaia per un anno, finché, processati in Corte d’assise, vennero rimandati nella loro miseria. L’insorgenza del pane e formaggio è una pagina che non si deve dimenticare di una controstoria dei Popoli Alpini e della loro difficile, spesso controversa ma tenace difesa della propria identità.