L’Inno d’Italia, da Mazzini, Novaro a Verdi ma nulla è più stabile di ciò che è provvisorio

11 Ottobre 2020
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di Giuseppe Rinaldi – Il 12 ottobre del 1946, durante un Consiglio dei Ministri presieduto dall’on. Alcide de Gasperi fu stabilito che “Il Canto degli Italiani” (Fratelli d’Italia, per intenderci) assumesse la veste di Inno Nazionale in via del tutto provvisoria.

Tale provvisorietà è durata ben 71 anni, vale a dire sino a quando con legge n. 181 del 4 dicembre 2017 se ne mutò la peculiarità sulla base dei seguenti commi:

: «1. La Repubblica riconosce il testo del «Canto degli italiani» di Goffredo Mameli e lo spartito musicale originale di Michele Novaro quale proprio inno nazionale.

2. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell’art. 1, comma 1, lettera ii), della legge 12 gennaio 1991, n. 13, sono stabilite le modalità di esecuzione del «Canto degli italiani» quale inno nazionale. La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica Italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato».

Il canto degli Italiani, più conosciuto come Inno di Mameli o al più come Fratelli d’Italia, fu scritto dal giovane Goffredo che era ancora studente. In proposito Giosuè Carducci ebbe ad affermare: «Fu composto l’otto settembre del quarantasette, all’occasione di un primo moto di Genova per le riforme e la guardia civica; e fu ben presto l’inno d’Italia, l’inno dell’unione e dell’indipendenza, che risonò per tutte le terre e in tutti i campi di battaglia della penisola nel 1848 e 1849…».

La musica fu composta da Michele Novaro che così ebbe occasione di ricordare quei momenti: « Mi posi al cembalo, coi versi di Goffredo sul leggio, e strimpellavo, assassinavo colle dita convulse quel povero strumento, sempre cogli occhi all’inno, mettendo giù frasi melodiche, l’un sull’altra, ma lungi le mille miglia dall’idea che potessero adattarsi a quelle parole. Mi alzai scontento di me; mi trattenni ancora un po’ in casa Valerio, ma sempre con quei versi davanti agli occhi della mente. Vidi che non c’era rimedio, presi congedo e corsi a casa. Là, senza neppure levarmi il cappello, mi buttai al pianoforte. Mi tornò alla memoria il motivo strimpellato in casa Valerio: lo scrissi su d’un foglio di carta, il primo che mi venne alle mani: nella mia agitazione rovesciai la lucerna sul cembalo e, per conseguenza, anche sul povero foglio; fu questo l’originale dell’inno Fratelli d’Italia…».

A Mazzini l’inno non piacque da subito e non ne faceva mistero. Lo trovava poco marziale soprattutto se eseguito da complessi militari ove gli “ottoni”sono il pezzo forte per scandire le marce a tempo di 4/4, come la partitura in si bemolle maggiore prevedeva. Pensò bene di ordinarne un altro, addirittura a Giuseppe Verdi su parole dello stesso Mameli. Titolo del brano: “Suona la Tromba”. Il “maestro” esperto di cori, arie e cabalette, in verità, non avrebbe potuto scrivere di peggio anche mettendocela tutta e, infatti, fu una delusione anche per il committente che lasciò perdere. Il Canto degli Italiani fu, quindi, promosso, sul campo l’inno del risorgimento.

Con l’unità d’Italia, Casa Savoia adottò come inno “La marcia Reale”. Più esattamente: “Marcia Reale e D’Ordinanza della Casa Savoia”. Giuseppe Gabetti la scrisse in 2/4, in tonalità di re maggiore, per un organico di strumenti a fiato e percussioni. Ufficialmente non ebbe un testo. Nel tempo ci si provò ad adattarne uno ma con scarso successo metrico. Durante il ventennio fascista condivise i fasti del “consenso” con “Giovinezza”, spartito nato in origine come canto goliardico volto a dare un addio agli studi ed inserita a pieno titolo nell’operetta “Addio giovinezza”.

Venne il secondo conflitto mondiale; giunse l’8 settembre; la repubblica.

Quale inno usare fra i tanti papabili in quel momento? “Va Pensiero” o “La Canzone del Piave”? “L’Inno di Garibaldi”? Nulla di tutto questo: a seguito della proposta del ministro della guerra Facchinetti, volta a stabilire che il giuramento delle Forze Armate alla Repubblica e al suo Capo sarebbe stato effettuato il 4 novembre p.v. adottando provvisoriamente, come inno nazionale “l’inno di Mameli”, questo rimarrà nel tempo, in via provvisoria, alla stregua di Inno Nazionale, sino al 2017. A dimostrazione che da noi nulla è più stabile di ciò che è provvisorio.

Nato in Piemonte cresciuto in Sicilia: Siracusa, Adrano, Giardini Naxos. Cavaliere della repubblica, pensionato, 46 anni di servizio presso l’Agenzia delle Entrate già Uffici Imposte Dirette. Ha scritto per Tribuna del Mezzogiorno; Gazzetta del Sud;
Il secolo d’Italia; La Padania e qualche testata locale.

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