La Rai come la Bbc?

18 Novembre 2020
Lettura 1 min

di Marcus Dardi – Andrea Orlando, vice presidente del PD, nell’ottobre del 2020 ha posto in evidenza un problema che da anni attraversa il mondo della televisione: quello della pluralità e della competizione tra le reti.

Naturalmente il primo pensiero va alla Televisione pubblica di Stato, la amorevolmente soprannominata, Mamma Rai.

La proposta è quella di affidare la gestione della RAI ad una fondazione. Il sottosegretario all’editoria si è sbilanciato ancora di più pronunciando queste parole “La politica non può più comandare sulla Rai. Se vogliamo cambiarla davvero abbiamo bisogno di quella Governance autonoma e indipendente, in grado di lavorare senza i condizionamenti dei partiti”

Quindi l’idea è quella di affidare ad una fondazione la proprietà, la scelta delle strategie e dei vertici operativi.

Ma non c’è nulla di nuovo sotto il sole, il modello a cui ci si ispira è quello della BBC. La prima TV di servizio pubblico al mondo.

Un po’ di storia. I primi esperimenti televisivi italiani risalgono al 1934 e furono effettuati al Teatro di Torino. Le prime trasmissioni avvennero tra il 1939 e il 1940 a Roma negli studi della EIAR. La RAI inizia la sua programmazione il 3 gennaio del 1954 con una breve rubrica settimanale condotta da Armando Pizzo e Mike Bongiorno. Nel 1940, nelle case degli italiani, c’erano solo 15.000 televisori.

Il 4 novembre 1961 nasce il secondo programma, chiamato oggi RAI2.

Nei primi degli anni ’70 nascono le prime TV private.

Il 1 febbraio 1977 anche l’Italia ha la TV a colori. Negli Usa c’era già dal 1954 e in Francia, Germania e UK dal 1967.

Nel 1979 nasce RAI3

Nel 1980 Berlusconi fonda canale 5 che sostituisce Telemilano. Nello stesso anno Rusconi fonda Italia1 e Mondadori Rete4 che verranno poi rilevate dalla Fininvest nel 1982 e nel 1984.

Sarà poi un proliferare di frequenze e antenne, Pay TV, digitale terrestre satellite ecc…

Quale sarà il futuro della TV? Difficile a dirsi, certo è che il pubblico è frazionatissimo, i giovani si sono spostati sulle piattaforme social e su internet. Le TV locali sono scadute in qualità e contenuti, la pubblicità ha nauseato e l’infodemia pure.

La tendenza del pubblico colto è quella di rivolgersi alle TV specializzate in precise tematiche. Vien da dire, meglio pochi, ma buoni.

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