di Stefania Piazzo – Care lettrici, cari lettori, la notte del 12 marzo scorso quando siamo partiti con questo giornale è stato l’istinto a suggerire cosa fare. Oggi, all’inizio del secondo lockdown, è la necessità di aggrapparci a delle certezze a dire cosa fare. Cercare la bellezza.
Un libricino, di Eduard Hanslick, “Il bello della musica”, del 1854, un testo rivoluzionario sull’apprendimento della critica musicale, ha segnato tutta la mia formazione. L’essenza della rosa, non è la rosa, scriveva Hanslick. Non sono le sue spine, è solo il suo profumo. Ciò che evoca il suo profumo non è la sua bellezza. La bellezza della rosa è la rosa in sè. Come la vediamo, nella realtà.
Tradotto, che significa? Che la bellezza è semplicemente, plasticamente non interpretabile, non possiamo darle un nome. Una sinfonia di Beethoven è oggettivamente bella. La sua costruzione musicale è perfetta. Non ci dice se evoca un temporale, se la Pastorale è stata scritta perché Ludwig immaginava attorno a sè un pascolo libero. Neanche per idea! L’arte è bella senza dover essere interpretata secondo le emozioni che suscita.
E’ la bellezza che ci stupisce. E’ la natura che ci sorprende. E’ un quadro che ci avvince. E’ un sonetto che ci incanta. Per la loro oggettiva bellezza, che non ha bisogno di like, di influencer, di mediazioni culturali, di soprannomi, di catalogazioni. La bellezza non ha bisogno di filtri.
Nei momenti cupi, di buio, è il ricorso all’ascolto della bellezza, alla visione della bellezza, nell’arte, nella natura, nella vita animale, che ci salva dall’imbruttimento. Ciascuno può trovare la strada per la propria sopravvivenza in questa carestia. E’ solo un aiuto, non è la soluzione al silenzio, all’isolamento, alla fame, alla povertà, alla solitudine.
Ma la rosa è la rosa. Usciremo anche da questo lockdown.
Photo by Zach Doty