Il ministro Azzolina, gli esami di maturità? Modello Camera dei deputati. Andiamo bene, allora!

1 Maggio 2020
Lettura 4 min

di Jeannette – Non siamo gente che non sa cambiare idea, noi: solo gli imbecilli non sanno correggere il tiro di fronte all’evidenza. Soprattutto, siamo capaci di leggere l’evidenza fra le righe, perché siamo esegeti della comunicazione verbale e non verbale: lo avevamo già scritto e lo ribadiamo. Ed è per questo che, quando abbiamo sentito l’intervista della Ministra Lucia Azzolina approfittare del tema degli esami di stato per lanciare chiaro e forte, un appello agli italiani, ci siamo ricreduti sulla nostra Sibilla preferita.

Che questa volta, diciamolo, si è superata nei vaticini: ma procediamo con ordine. L’argomento della videoconferenza in diretta su RaiNews 24 del pomeriggio del 30 aprile era sciogliere il bandolo della matassa in maniera definitiva sugli esami di maturità: si svolgeranno, ha chiarito finalmente la titolare del dicastero dell’Istruzione, in presenza fisica negli edifici scolastici di riferimento, e questa presenza riguarderà sia la commissione – che sarà composta unicamente da membri interni, con la supervisione di un presidente nominato esterno – sia gli studenti che dovranno affrontare gli esami.

Dissolte così una volta per tutte – e meno male – le ipotesi più o meno pirotecniche che si erano fino a ieri rincorse interpretando il decreto scuola di inizio aprile sui media in genere e sui canali dedicati nello specifico, ivi compresa quella di una soluzione ibrida, ossia scritti da svolgersi per via telematica e orali in presenza, e assodato che per quest’anno l’emergenza annullerà di netto l’appuntamento con il babau degli scritti, pare di aver capito che la soluzione scelta sia quella di un maxi orale in cui, come in un bel minestrone, si assembreranno le angosce molteplici degli studenti chiamati al fatidico rituale di passaggio.

Detti esami inizieranno il 17 giugno, si svolgeranno a ritmi di cinque candidati al giorno (salvo raddoppiare svolgendosi su turni diurni e pomeridiani) e verranno fatti – ha dichiarato Azzolina – «nelle condizioni di massima sicurezza, con il distanziamento e secondo tutte le prescrizioni del comitato tecnico scientifico: i nostri studenti avranno modo di guardare negli occhi i loro insegnanti. E’ un modo per loro di tornare alla normalità nell’attesa di far ritorno tutti nelle nostre aule».

Ed è qui che viene il bello. La nostra Lucia siracusana, che per meglio suggerirci l’identificazione aveva pure inforcato un bel paio di occhiali, incalzata dall’intervistatore su quell’accenno per nulla velato al prossimo settembre (accenno che poco c’entrava con quei 500mila che concluderanno il ciclo di studi superiore, anche perché le pertinenze universitarie non sarebbero rigore del dicastero trasteverino) ha iniziato a fornire dettagli sempre più limpidi sulle sue personali intenzioni: «mi costa parecchio tener chiuse le scuole» ha dichiarato più volte, e ancora «abbiamo tutti bisogno di tornare a sentire quella campanella suonare», e di più ancora «io e il comitato di tecnici che mi supportano stiamo lavorando per tornare in aula a settembre».

E non è finita qui, perché in quel «Io penso che il modello della camera dei deputati è ottimo e lo proporremo…» snocciolato come una perla nel bel mezzo di un discorso riferito al distanziamento da usarsi agli esami e ribadito a chiare lettere altre due volte, qui risiede il vero messaggio in bottiglia della Nostra, che ieri ci è parsa davvero in splendida forma, finalmente agguerrita, finalmente degna del nome che porta: la padanissima benché trinacride di estrazione Santa venerata in particolare nella bergamasca.

Sì, non sarà propriamente una Giovanni Gentile in gonnella, Lucia Azzolina: ma quello che ha fatto ieri è di una portata assolutamente scandalosa e grandiosa al tempo stesso. Lucia Azzolina, della quale dobbiamo in primis riconoscere la sincera umanità tipica di una maestra magari non perfetta ma sicuramente in apprensione per i suoi alunni (sì, lo sappiamo che è una professoressa, ma l’immagine della maestrina tenera e un po’ chioccia e con spiccato accento meridionale ci pareva più icastica), ieri pomeriggio ha fatto capire nero su bianco che il Parlamento deve tornare a fare il suo mestiere: del resto lo aveva già citato variamente nei giorni scorsi, a proposito della questione della formazione delle prossime graduatorie del precariato.

A Lucia Azzolina una materia non sfugge di certo: l’educazione civica, e la vuole insegnare agli italiani. Questa bella fanciulla che non a caso ci tiene all’immagine rimanendo nell’alveo dello stile e senza riservarci pacchianate come alcuni altri suoi colleghi purtroppo fanno, esattamente come una maestra dignitosa si impone sempre di fare e di essere, ci sta raccontando – come del resto ha fatto pochissime ore dopo lo stesso presidente Mattarella, improvvisamente risvegliatosi da un eterno torpore – che abbiamo dimenticato da qualche tempo il primo organo rappresentativo e decisionale: il Parlamento, oggi esautorato di questa sua funzione e relegato al ruolo di immenso teatrino delle innumerevoli performances informative di un Premier votato, se continua così, a non fare proprio una bella fine, almeno nell’immaginario degli italiani.

Azzolina per il ritorno a scuola a settembre prospetta tre possibili scenari. Quello che vorrebbe con convinzione lei è un ritorno alla totale normalità, sui banchi. Poi purtroppo potrebbe darsi che la situazione virologica prospettata dalla task force degli scienziati a settembre non si presenti – sempre per detti scienziati, quel migliaio e qualcosina in più che stanno mangiando sulla fame delle famiglie italiane – ancora rosea: quindi prepariamoci ad una soluzione B e C, che corrisponderebbero ad uno scenario ibrido (metà in presenza e metà in didattica telematica) oppure tragico, se detti scienziati fossero convinti dell’incancrenirsi della situazione epidemiologica: didattica in assenza o a distanza, fate vobis, dunque, per il totale degli studenti italiani dalla primaria alle superiori. La cosa in assoluto più probabile, stante la lucida lettura della nostra povera santa Lucia sul pieni poteri della dittatura sanitaria in atto, cui chiediamo quindi a questo punto di immolarsi per noi e per i nostri figli e di fare il miracolo: così come ha avuto il coraggio di ottenere gli esami in presenza, e di battersi per i campi estivi dei più piccoli, che con la didattica a distanza ci fanno l’insalata, si industri anche a farla fuori con i soloni che la tengono in scacco supremo, a capo dei quali c’è il Nulla personificato e vanaglorioso figlio della pedagogia del Grande Fratello, altro che una povera maestra che si fa un mazzo così dalla mattina alla sera e in questi giorni più che mai non sa più che pesci pigliare: lei con tutte le madri di famiglia, le/gli insegnanti che non vedono l’ora di tornare a sentire quella campanella, i loro – anzi i suoi – bambini bloccati in casa come milioni di piccoli zombie destinati loro malgrado ad ammalarsi gravemente della prima stupidaggine in giro, altro che coronavirus, come succede sempre a chi indebolisce il sistema immunitario per troppa sedentarietà e isolamento sociale, non appena useremo la disobbedienza civile e li faremo finalmente uscire di casa. E si ribelli presto, la nostra Lucia, perché non possiamo più aspettare: e perché in Francia, appellandosi al centenario della canonizzazione di Jeanne d’Arc, la protettrice dell’infanzia, che cadrà il 31 di questo mese, hanno già capito da che parte andare, e non solo loro.

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