Guerra e avventura: l’anima non cristiana dell’occidente 

12 Gennaio 2022
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di Sergio Bianchini – San Benedetto da Norcia, nobile proprietario terriero dell’Italia centrale ruppe con la decadenza materiale e morale di Roma e fondò a Montecassino nel 529 l’ordine Benedettino il quale con l’aiuto dei papi contemporanei (da Gregorio Magno in poi) insegnò l’agricoltura in tutta Europa e pose le basi della ripresa e costruzione della civiltà occidentale. 

La chiesa cattolica romana si alleò nell’800 col potere militare dei popoli germanici separandosi da Bisanzio e costituendo con essi un impero d’occidente in un permanente incontro, confronto, scontro che pervade tutta la storia europea medievale e moderna. 

Da allora la morale cristiana e quella pagana insita profondamente nei popoli germanici e celtici coesistettero in parallelo fino ai giorni nostri. 

La morale cristiana, venuta da oriente, si fuse facilmente e direi naturalmente con l’antica morale senatoria romana cioè con l’etica e lo stile di vita agreste tipico della grande proprieta’ terriera. 

Grande proprietà che costantemente fu in conflitto/alleanza, con alternaze più o meno forti, con il potere militare. Tipico lo scontro tra Catone e Scipione e poi quello del senato con i grandi generali, a cominciare da Cesare, e poi con gli imperatori romani. Imperatori gestori di un potere militare grandioso, sempre incline alla guerra di conquista e all’avventura, grande sbocco anche economico sia per i ceti ricchi non agresti che per la plebe urbana. 

Lo stile agreste dell’antica nobiltà senatoria era in forte conflitto con le usanze greche di cui gli Scipioni erano sostenitori. Usanze che avevano come ideali il commercio, la guerra, l’avventura e l’ebbrezza estatica ed erotica. Vedi Achille, Ulisse e Alessandro. Un esempio storico particolare i baccanali importati a Roma ma poi vietati circa 200 anni prima di Cristo. 

La morale greca aveva come modelli ideali dei ed eroi, personaggi avventurosi caratterizzati dalle imprese guerresche e amatorie. Questo tipo di emotività e di impetuosità esistenziale si ritrova costantemente nella storia europea, a fianco della morale cristiana.  

Basta pensare alle leggende di Lancillotto e Ginevra, di Tristano e Isotta nella metà del primo millennio, ai popoli nordici rimasti pagani fino circa all’anno mille con i loro antichi dei, tra cui Odino grandemente somigliante all’antico dio greco romano Giove. 

La nobiltà europea continuerà anche nel medioevo a praticare sia la morale pagana che quella cristiana con la chiesa in costante vigilanza e mediazione, in difesa, mediamente, della famiglia legittima e di un buon rapporto dirigenti e diretti nel sacro romano impero.  

Vigilanza e mediazione della chiesa necessarie ed accettate per l’enorme capacità della chiesa di garantire l’operosità agreste delle masse contadine. Operosità generatrice della rendita fondiaria suddivisa tra chiesa e nobiltà, mentre la chiesa garantiva capillarmente la formazione morale di base necessaria e utile per il buon governo sociale. 

Anche nelle città dell’inizio del secondo millennio la morale pagana compare costantemente e si scontra/incontra/ alterna con quella cristiana, basta pensare alle biografie di  S.Francesco,  Dante, Petrarca, Boccaccio. Ma anche alle innumerevoli vicende dell’alto clero, allo stile di vita di svariati papi, vescovi e cardinali, ad Avignone, ai Medici.  

Sempre, accanto alle costanti risorgive pagane, crescono le fortezze cristiane, i santi, le sante, i re e le regine dediti alla fede cristiana e ad un governo sociale ad essa confacente. A volte lo stesso personaggio alterna fasi di paganesimo e cristianesimo, col meccanismo del peccato, del pentimento, della penitenza, del perdono. 

Le due morali, quella pagana antica e quella cristiana si contrastano e convivono costantemente nella storia europea e sono ultimamente visibilissime nello storico conflitto tra capitale e lavoro, tra capitalismo e socialismo. 

Da un lato Il capitale, appoggiato inizialmente a masse di uomini dediti ai commerci e alle avventure anche militari ad essi connesse. Dall’altro Il lavoro, con l’accettazione della fatica e dell’obbedienza praticato dalla stragrande maggioranza consolata e sostenuta dal clero e poi esaltata dai moderni partiti socialisti.  

Lo scontro ormai mondiale dura da quasi due secoli. Forse siamo al termine della fase avventurosa dello sviluppo umano.  

Ormai lo stato sociale, con le sue garanzie esistenziali, la stabilità, l’ordine, il benessere materiale, è l’orizzonte accettato, indiscusso e bramato dove non esiste pienamente. 

Questo impianto della modernità non è ancora consolidato e universalizzato ma tende a quella meta. 

Nel frattempo compaiono diffusamente, nei paesi e negli strati sociali più prosperi, comportamenti e stati d’animo che possiamo definire postmoderni. La noia, la depressione da routine, la crescente paura della malattia e della morte, il disordine mentale ed emotivo. 

E subito accanto a tutto questo sembra in crisi e al tramonto in occidente il pluridecennale attivismo antimoralistico, sembra finire la ventata ormai cinquantennale del vietato vietare con un ritorno ancora indesiderato e inconsapevole ma potente alla sobrietà, alla prudenza e alla meditazione. 

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