Patologie psichiche, disturbi, ma soprattutto innati e persistenti pregiudizi contro le donne. C’e’ essenzialmente questo dietro l’inarrestabile strage continua dei femminicidi compiuti da uomini incapaci di fare i conti con le proprie fratture psicologiche e culturali e che trasformano in tragica violenza il rifiuto di riconoscere dignita’ e liberta’ alle compagne, alle mogli e alle sorelle. Non consola affatto la constatazione che la recrudescenza dei femminicidi, 47 dall’inizio dell’anno, sia un fenomeno non soltanto italiano ma europeo con la media da guerra di civile di una vittima ogni 6 ore. Lo stillicidio dei femminicidi non si scongiura con le statistiche, ma con la mobilitazione di tutti, bloccando la sequenza di morte, impedendo che vi siano altri casi come quelli di Sonia e Giuseppina, massacrate nelle ultime ore, o di Laura, Lorenza, Carolina, Clara, Ilenia Barbara e di tutte le altre mille e piu’ donne uccise negli ultimi dieci anni.
“Fondamentale il lavoro con i ragazzi e nelle scuole che pero’ va istituzionalizzato e non limitato alle celebrazioni dell’otto marzo e del 25 novembre, la giornata contro la violenza sulle donne” sottolinea Annamaria Picozzi, Procuratrice aggiunta di Palermo responsabile delle procedure del cosiddetto “codice rosso” del dipartimento “Fasce deboli” della Procura guidata dal Procuratore Capo Francesco Lo Voi. La mobilitazione che manca per fermare i femminicidi Come interpretare il moltiplicarsi dei femminicidi? “Le cause sono molteplici. Sicuramente avra’ inciso il lungo periodo del lock down e la conseguente crisi economica. Per quanto riguarda il primo, a causa della convivenza forzata, ha certamente inasprito le criticita’ di molte relazioni. La crisi economica e occupazionale ha penalizzato sicuramente i soggetti piu’ fragili e in special modo le donne costrette per ragioni economiche a restare all’interno di relazioni tossiche da cui e’ difficile emanciparsi. Francamente non escludo che abbia giocato un ruolo negli ultimi giorni, come in molto fenomeni criminosi, anche l’effetto di emulazione”.
Come arginarli? “E’ necessario intervenire nelle primissime fasi della spirale della violenza per evitare che la stessa sia portata alle estreme conseguenze. Bisogna fare un lavoro imponente di sensibilizzazione sociale, di formazione degli operatori di tutti i settori interessati (forze dell’ordine, giudiziario, sanitario, assistenti sociali) perche’ tutte le fasi di intervento, assistenza e protezione di una donna vittima di violenza debbono essere operate da personale preparato e specializzato. Va poi implementato l’uso di alcuni strumenti messi a disposizione dal legislatore ma decisamente sotto utilizzati. Mi riferisco ad esempio alle misure di prevenzione nei confronti di stalker, sex offender e maltrattanti. Occorrerebbe poi fare un ricorso massivo ai braccialetti elettronici con tecnologia GPS, che costituiscono attualmente l’arma piu’ efficace contro gli stalker e gli uomini violenti. I dispositivi ci sono e funzionano, ma inspiegabilmente la magistratura di larga parte del territorio nazionale non vi fa ricorso. A Palermo negli ultimi anni ne abbiamo applicati tantissimi e debbo dire che sono uno strumento, per certi versi, piu’ efficace e piu’ adeguato del carcere”.
Il caso recente piu’ allarmante? “Mi sembra che tutti quelli piu’ recenti presentino pressappoco le stesse dinamiche, credo che sia allarmante in se’ la recrudescenza del fenomeno e’ la vicinanza temporale di tutti gli episodi recenti”. Necessari ulteriori interventi legislativi e l’introduzione a scuola di una nuova specifica materia per sensibilizzare ulteriormente gli adolescenti? “Interventi legislativi no, non credo se non in termini di aggiustamenti dell’esistente. Fondamentale, ripeto, il lavoro con i ragazzi e nelle scuole che pero’ va istituzionalizzato e non limitato alle celebrazioni dell’otto marzo e del 25 novembre, la giornata contro la violenza sulle donne. Penso ad esempio all’inserimento nei programmi scolastici di materie come l’educazione sessuale e sentimentale”.