Centoventi anni fa gli anarchici uccidevano il re d’Italia

29 Luglio 2020
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di Roberto Gremmo – Il 29 luglio ricorrono centoventi anni da quel pomeriggio assolato quando a Monza l’anarchico venuto dall’America Gaetano Bresci uccise a colpi di pistola il re d’Italia Umberto di Savoia.

Come ho dimostrto nel mio libro basato su una ricerca basata sulle carte processuali dell’“Archivio di Stato di Milano” il terribile gesto del tessitore di Prato non fu un simbolico atto individuale come si è spesso sostenuto, ma fu il risultato d’un vero e proprio complotto dove ebbero un ruolo preminente gli anarchici biellesi, specie quelli di Sagliano dove avevano un grande seguito fra i lavoratori.

A Paterson dov’erano emigrati dall’Italia e che avevano trasformata in una vera e popria ‘capitale dell’Anarchia’ ispiratori dell’ardito gesto che doveva vendicare i morti delle cannonate di Bava Beccaris furono il biellese Alberto Guabello ed il vercellese Luigi Galleani ed a dar manforte a Bresci nell’agguato al Sovrano c’era il giovane Luigi Granotti detto “il Biondin”, originario di Sagliano che venne individuato come complice ma riuscì a fuggire per tempo in Svizzera dai sentieri di montagna della val dal Sarv e della val d’Aosta per poi far perdere per sempre le proprie tracce.

Nel mio studio rivelavo per la prima volta, carte giudiziarie alla mano, che quando al concorso di ginnastica dove era presente Re Umberto, Bresci esplose il primo colpo sbagliò la mira ed anche quelli successivi sembravano dover andare a vuoto se non ché un carabiniere afferrò il braccio dell’anarchico tentando di bloccarlo ma questo gesto fece sì che la terza pallottola per tragica fatalità uccidesse il Re. Disperato e sconvolto, il povero milite dopo qualche tempo decideva di togliersi la vita.

Condannato all’ergastolo e gettato nel carcere dell’isola di Santo Stefano, Bresci morì in circostanze mai chiarite.

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