Cena con delitto, come non imitare Agata Christie e fare un capolavoro

8 Luglio 2020
Lettura 1 min

di Matteo Ferrario – Un ricchissimo scrittore di gialli viene ritrovato morto nella sua villa il giorno dopo il suo 85° compleanno.

Per i numerosi membri della famiglia (che attendono solo di ricevere l’eredità) e per la polizia si tratta di suicidio, ma sarà veramente così?

Tocca a un misterioso ispettore, ingaggiato da chissà chi, svelare il mistero.

Ecco, questa è la sinossi ma cosa c’è dietro un capolavoro?

Al mio primo giorno alla scuola del cinema a Milano abbiamo avuto come ospite la figlia di Suso Cecchi D’amico che, riferita a Luchino Visconti, ci disse che, per lui, la cosa che veniva prima di tutte quando realizzava un film era la storia e sono dell’idea che Rian Craig Johnson, il regista di questo splendido film, la pensi allo stesso modo.

L’opera si presenta come un Mistery ispirato a quelli di Agatha Christie e ne ha tutti i connotati:

Un’ambientazione circoscritta nella quale si svolge la maggior parte dell’azione.

Un delitto apparentemente inspiegabile o, addirittura, inesistente.

Un gruppo di personaggi ben caratterizzati con ognuno un valido motivo per commettere il fatto.

Infine, un misterioso investigatore dal nome francofono che deve sbrogliare il mistero al posto della polizia che brancola nel buio.

Ma Johnson non fa come la stragrande maggioranza dei registi odierni, non imita Christie: si inspira a lei per poi reinterpretarla.

Il film ha un’atmosfera tutt’altro che seriosa anzi è spesso molto ironica, talvolta ai limiti della parodia, ma si guarda bene dal varcare quel confine che avrebbe vanificato tutto quello spettacolare intreccio.

E, a proposito dell’intreccio, esso è tenuto insieme, più che dall’ottima sceneggiatura, da un montaggio che passa con disinvoltura dal presente al passato mostrando allo spettatore ciò che è realmente accaduto e non quello che i protagonisti credono che sia accaduto così da tenere lo spettatore sulle spine.

Ana de Amars è una perfetta protagonista e gli altri dei perfetti comprimari fra i quali si distingue Chris Evans che, considerando il fatto che siamo tutti abituati a vederlo i panni dell’eroe senza macchia come Capitan America, direi che è quello che ha fatto maggiori progressi fra gli attori di questo film.

Per quanto riguarda Daniel Craig è una rivisitazione interessante di Hercule Poirot, molto più ironica e umana, ma tutto sommato, a mio modesto avviso, il ruolo di 007 gli calzava molto meglio.

Visone consigliata.

CRITICA: 3,5

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