Caro ministro, rieccoci con la musica che è cantare l’inno in classe. Ma basta! Iniziate a non tagliar fuori i laureati in Musicologia dall’insegnamento

10 Maggio 2022
Lettura 4 min

di Stefania Piazzo – Il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, se ne è uscito con questa trovata. “Mi piacerebbe che noi fissassimo un giorno e un’ora in cui tutte le scuole d’Italia si mettano a cantare insieme”. “Movimentiamo tutte le nostre scuole e i conservatori – ha proseguito Bianchi – e fissiamo un giorno, che sia anche il 19 settembre quando riapriremo l’anno scolastico insieme con il Presidente della Repubblica, in cui tutte le scuole d’Italia si mettano insieme, anche solo per pochi minuti, per cantare l’inno nazionale”.

Caro ministro, le sue parole mi ricordano l’esame di Storia e didattica della musica sostenuto nei lontanissimi anni ’80 prima di laurearmi in Musicologia. Il docente era Raffaello Monterosso. Era arrabbiatissimo col sistema scolastico perché allora, come oggi, l’insegnamento della musica è di fatto inesistente nell’ordinamento scolastico italiano. E, se c’è, è a dir poco blando e umiliante. Per dimostrarlo, Monterosso ci aveva proposto i programmi didattici ministeriali dei primi del ‘900 e pure del ventennio, in cui si ribadiva che il canto corale elevava gli animi.

Ecco, siamo fermi ancora lì. Al coro in classe, mentre centinaia, migliaia di laureati in Musicologia hanno tribolato come degli scaricatori per poter insegnare a scuola. Spesso lasciando perdere questo mestiere perché la loro, nostra laurea, vale come il due di picche nonostante lo studio forsennato filologico, paleografico, storico, della musica. Questa laurea per insegnare vale come il due di picche. Perché? Poi salta fuori la storiella del canto corale che eleva, con la promessa di qualche ora in più in classe. Ma davvero si vuole prendere in giro?

Tempo fa il nostro quotidiano aveva condiviso e pubblicato un appello a cura dell’associazione dei Musicologi italiani, diretta proprio al ministro. La riproponiamo. Vergognandoci di aver studiato musica e musicologia, in Italia. Eccola.

Musicologi Italiani ha lanciato questa petizione e l’ha diretta a Patrizio Bianchi (Ministro dell’Istruzione)

È da decenni ormai che da più parti si insiste sull’inserimento dell’insegnamento di Storia della musica nei programmi di studio degli istituti liceali, laddove è già presente, da tempo immemore, la disciplina sorella Storia dell’arte. Si è più volte legittimamente insistito, a partire dai primissimi appelli, negli anni Sessanta, del musicologo Alberto Mantelli, sull’incredibile valore identitario della Storia della musica in un Paese, l’Italia, che non solo le ha dato i natali ma che ha contribuito non poco a generarne forme, generi, ritualità, contesti fruitivi e una vera e propria moltitudine dei suoi più illustri protagonisti mondiali, oltre che un ragguardevole numero delle sue più celebri opere di tutti i tempi. 

Si è giunti dunque alla presentazione, presso la Camera dei Deputati, di una proposta di legge, ivi depositata nel mese di gennaio del 2019, per l’inserimento di questa materia nei curricula dei nostri istituti liceali: da allora la summenzionata proposta, la numero 1553 del 30/01/2019, giace conservata in chissà quale cassetto, in attesa che qualcuno la riesumi per mandarne avanti l’iter legislativo. 

Ciò su cui fino a oggi si è poco riflettuto, qualora non fosse sufficiente riconoscere la centralità ‘culturale’ della musica nell’ambito dell’esperienza individuale, sociale e nel legame profondo con le altre arti (teatro, cinema, poesia), è il valore economico dello studio di una disciplina come Storia della musica: il pubblico musicale, come ogni sorta di pubblico, si forma creando nelle persone, a partire dalle nuove generazioni, la profonda esigenza di frequentare i luoghi della grande musica, i teatri, gli auditorium, i festival. Si tratta, a ben vedere, di replicare il medesimo meccanismo già messo in atto con la Storia dell’arte, quello che ha consentito a gallerie, musei e centri espositivi di vario genere di essere frequentati da un pubblico qualitativamente e quantitativamente importante, un’utenza il più delle volte scolasticamente sensibilizzata verso le arti visive e dunque opportunamente predisposta alla frequentazione dei grandi circuiti artistici. 

Sarà impossibile salvare gli enti lirico-sinfonici, i teatri di tradizione, i festival e gli auditorium dal pluridecennale debito che spesso si trascinano dietro senza passare attraverso la formazione di un pubblico, oggi inesistente, capace da solo di andare a incrementare i finanziamenti di costosissimi apparati musicali garantendo al tempo stesso che orchestre, cori e formazioni musicali di vario tipo non continuino a estinguersi ma, come in altri paesi, come nella vicina Germania, tornino a popolare le piccole, medie e grandi città del territorio peninsulare. 

Perciò l’inserimento nei nostri istituti liceali di una materia come Storia della musica è oltremodo necessario, così come è naturale che ne venga affidato l’insegnamento a professionisti specificamente formati ma ad oggi paradossalmente tagliati fuori dalla docenza della propria materia. L’attuale normativa, indebitamente sfuggita ai più nonostante le più vive proteste di tutto il mondo musicologico italiano, richiede al laureato in musicologia di possedere, congiuntamente alla propria laurea, una qualsiasi laurea di conservatorio: come se a un laureato in Storia dell’arte si chiedesse, ai fini dell’insegnamento della propria materia, di possedere congiuntamente un qualsiasi diploma in Accademia di belle arti, dunque di essere al tempo stesso storico e pittore/scultore/artista visivo. 

Il musicologo, figura specificamente formata per l’insegnamento della storia della musica, ha seguito un iter di studi universitari comprensivi delle materie teorico-musicali atte alla formazione di specifiche e profonde competenze che gli consentono di affrontare, nell’ottica della ricerca, dell’analisi, della divulgazione e dell’insegnamento, qualsiasi repertorio musicale: dalla musica di tradizione ‘colta’ alla popular music, dalle musiche extra-europee alla musica per cinema, solo per fare pochi e macroscopici esempi. Una qualsiasi laurea in strumento, che può senz’altro rappresentare un valore aggiunto sul fronte curricolare, non rappresenta in alcun caso una condizione necessaria né tantomeno sufficiente all’insegnamento delle discipline storico-teoriche della musica. Né può assolutamente rappresentare, alla luce delle ragioni qui esposte, un impedimento al legittimo esercizio in sede didattica delle specifiche competenze musicologiche. 

Chiediamo dunque: 

1) che l’iter legislativo volto all’inserimento della Storia della musica negli istituti liceali venga riattivato; 
2) che il doppio titolo che penalizza e invalida un intero percorso di studi universitari, quello dei laureati in musicologia, venga eliminato una volta per tutte. 

Qui il link per firmare la petizione: https://www.change.org/o/musicologi_italiani

tessero a cantare insieme. Che sia anche il 19 settembre, quando riapriremo l’anno scolastico con il presidente della Repubblica. Dobbiamo cantare l’Inno d’Italia? Lo cantiamo tutti insieme”, ha concluso il ministro.

IL GIORNALE

Direttrice: Stefania Piazzo
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