di Roberto Gremmo – Al referendum istituzionale del 2 giugno 1946 una banda di falsari stampò delle false schede elettorali per far vincere la Repubblica. A decidere l’esito della storica votazione non ci furono solo le intimidazioni degli attivisti, l’esclusione dal voto delle popolazioni che più temevano il salto nel buio, i doppiogiochisti d’una burocrazia imbelle e le “calcolatrici di Romita” che aggiustavano i risultati.
Un documento inedito da me rintracciato in un polveroso e seminascosto fascicolo dell’Archivio Centrale dello Stato prova che in quei giorni convulsi era in piena attività una banda di fantasiosi falsari che stamparono a pieno ritmo delle schede elettorali che, prima di venire immesse di nascosto nelle urne, potevano essere votate col simbolo dell’Italia turrita e repubblicana.
In un appunto riservato, datato 1 marzo 1947, redatto dal nostro spionaggio più attivo, i “Servizi Informativi e Speciali” del Ministero dell’Interno, viene infatti registrato che nella Capitale si era davvero lavorato alle “false schede per il referendum” e che fra i loro creatori c’era anche “certo Santarelli, il quale compose anche un’ironica partecipazione di morte di S.M.Umberto ll, che distribuì il 2 giugno ai suoi compagni di lavoro”.
Un’altra segnalazione segreta e riservata confermava l’esistenza di questi stampati contraffatti, di cui nessuno all’epoca ebbe notizia. Circolo’ invece l’insistente diceria che effettivamente fossero state inseriti nelle urne dei suffragi prevotati a favore della Repubblica ma si mormorò che un giovane ufficiale dell’Arma con un recente passato di partigiano avesse prontamente nascosto tutte le prove della frode. Tenendo nel cassetto una poderosa arma di ricatto che gli avrebbe garantito una brillante carriera nella nuova Italia democratica. Le malevole insinuazioni stanno a zero, ma il rapporto dei servizi segreti è un fatto.
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