di Domenico Zampelli – Caro Babbo Natale,
quest’anno sono più emozionato del solito nello scriverti la tradizionale letterina.
Sì, perché potrebbe essere l’ultima volta che ti chiamo così.
Nella “nostra” Unione Europea stanno cambiando un po’ di cose, e altre ne cambieranno.
Pure nel chiamare le persone.
Per quest’anno l’abbiamo scampata, ma ho paura per il prossimo anno.
Tanti in Europa cominciano a dire che dobbiamo essere “inclusivi”, e allora per non scontentare nessuno non potremo più parlare di Natale, perché si tratta di un termine troppo cristiano. Dovremo allora scrivere – e parlare – di “festività invernale”.
Neanche la parola “babbo” va bene più. Non bisogna escludere, non bisogna isolare tante parti della nostra società che va cambiando. E così non vanno bene più “madre” e “padre”, ma bisogna scrivere “genitore 1” e “genitore 2”.
Ho pensato per un attimo che potrei chiamarti “Santa Claus”, ma nemmeno così va bene, perché c’è un riferimento alla leggenda che lega le tue origini a quelle di San Nicola. Troppo religioso.
Per gli elfi, che non hanno sesso, non avrai problemi, così come non ne hanno gli angeli nella religione.
Il problema è nel tuo nome. Per essere a posto dovremmo chiamarti “Genitore delle festività invernali”. Ma non mi piace…
Ti prego, Babbo Natale, io vorrei continuare a chiamarti così, come tante persone e soprattutto tanti bambini del mondo.
Allora il regalo che ti chiedo, più importante di tanti altri, è questo. Di continuare ad esserci così come sei, e con il nome che hai, quello con il quale ti hanno chiamato e ti chiamano tanti bambini.
Sono sicuro che tu sai come fare. Sarai un segno: il rispetto, quello vero, non passa attraverso il nome che dai alle persone, ma attraverso il cuore che metti quando parli con loro.
E allora, di cuore, buon viaggio!
Almeno non toglieteci il Natale e il suo Babbo
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