100 anni dalla nascita del Partito Comunista? Riabilitate il compagno Bordiga

20 Novembre 2020
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di Roberto Gremmo – Battendo tutti sui tempi, il direttore di Repubblica Ezio Mauro ricorda con due mesi d’anticipo il centenario della nascita del Partito Comunista d’Italia in un libro ed in una lunga intervista alla giornalista Fiori del “Venerdi”.

Secondo Mauro, la vera dannazione del movimento operaio sarebbe stata la deprecabile tendenza suicida alla divisione e proprio i fatti di Livorno del 1921 sarebbero stati quelli più significativi, dolorosi e dannosi di questa infausta vocazione autolesionista. Tesi suggestiva, ma inesatta.

Il Fascismo non trionfò per i dissidi degli avversari, ma perché riuscì ad essere punto di raccordo e d’unione di un blocco sociale diventato maggioritario in Italia quando il movimento operaio non seppe o non volle portare alle estreme conseguenze l’azione rivoluzionaria del “biennio rosso”. Anche se non ci fosse stata la scissione, nel 1921 sia socialisti che comunisti erano fuori gioco.   

Ciò non toglie che sia riformisti e massimalisti da una parte che comunisti ed astensionisti dall’altra avessero sua buone ragioni che grandissimi torti.    Dei protagonisti di quella storia, fra loro antitetici, Mauro ricorda, e non poteva non farlo, da un lato il coerente gradualista Filippo Turati e dall’altra parte della barricata Gramsci, l’uomo dell’Ordine Nuovo che in effetti non aveva parlato a Livorno ma già aveva esposto il suo pensiero il 27 novembre 1920 al convegno di Imola della Frazione Comunista dove sosteneva, sbagliando, che la rivoluzione in Italia era alle porte.   

Anche questa antitesi turatiana-gramsciana proposta da Mauro non è convincente. Perché i protagonisti della scissione comunista non furono Gramsci e Togliatti (addirittura assente) ma Nicola Bombacci e soprattutto Amadeo Bordiga.

Personaggi a loro modo straordinari, su cui non per caso è calato l’oblio.   Uomo in tutti i sensi del Kremlino leniniano-stalinista, per tutto il Ventennio Bombacci pubblicò liberamente nell’Italia fascista una rivista che propugnava l’amicizia fra il regime del  duce e quello dei Soviet e si trovò accanto a Mussolini nell’ultima fuga, finendo con lui di fronte al plotone d’esecuzione e morendo gridando “viva il socialismo”.   

Vessillifero dell’internazionalismo, l’ingegner Bordiga è stato l’unico autentico marxista classista e rivoluzionario del movimento operaio italiano e dopo aver capeggiato i comunisti a Livorno fu l’unico ad aver capito subito che Lenin ed i bolscevichi non stavano creando il Paese del socialismo ma uno Stato oppressivo e burocratico che non aveva nessuna intenzione di favorire la rivoluzione in Europa.

Lo disse in faccia ad un allibito Lenin, non lo mandò a dire a Stalin che contro di lui mobilitò proprio il debole Gramsci che con l’aiuto del manovriero mestatore Togliatti lo fece fuori politicamente.    

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