VATICANO: EX VICARIO DIOCESI COMO PRESUNTI ABUSI, ‘NON AVVIARONO INDAGINE COME RICHIESI’

15 Luglio 2021
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Al processo davanti al Tribunale Vaticano per i presunti abusi al Preseminario San Pio X -che proseguirà anche domani nella maxi Aula dei Musei vaticani creata per i maxi processi – oggi è stato ascoltato come teste don Andrea Stabellini, ex vicario giudiziale della diocesi  di Como. Nella deposizione, Stabellini ha detto di essere venuto a conoscenza in quanto vicario giudiziale di segnalazioni su fatti nel Preseminario nel 2013. 

“Vidi il fascicolo del vescovo a inizio ottobre 2013. Dovevamo andare a Roma e ci fermammo al Preseminario, dove presi atto delle accuse rivolte a Martinelli e Radice”. Accuse diverse: ipotetici atti di abusi sessuali su altri colleghi da parte di don Martinelli, e mons. Radice che “non voleva far nulla”. Le accuse venivano espresse in lettere anonime al vescovo Coletti e ad altre istituzioni vaticane. Nel fascicolo era presente anche una lettera firmata, scritta a mano, dalla presunta vittima L.G. a monsignor Coletti.  “Il vescovo – ha detto Stabellini in aula – non avviò un’indagine formale secondo il canone 1717 come io avevo chiesto. Mi chiese di andare a Roma con lui ed ebbe un colloquio nella zona del refettorio con Radice, il cardinale Angelo Comastri e don Angelo Magistrelli, allora responsabile dell’Opera Don Folci. Io rimasi fuori. Alla fine mi disse di redigere una memoria e che si doveva chiudere tutto”.

Radice consegnò due lettere identiche a Coletti e Stabellini, in cui chiedeva di chiudere la vicenda in quanto si trattava di “fumuspersecutionis”. Coletti incontrò anche la presunta vittima L.G. e si convinse di non procedere ad un’indagine. Incontrò anche Martinelli che negò ogni accusa. Su richiesta del vescovo, Stabellini dovette redigere quindi una memoria sulla base dei pochi atti ottenuti. Lui però insisteva sulla necessità di una indagine previa, anche se, ha ammesso oggi, “può darsi che non ci fossero effettivamente reati”. 

Stabellini poi si dimise poco dopo come vicario giudiziale, “non solo per questa questione”, ha puntualizzato in Aula. Pur non essendo coinvolto più nella vicenda, incontrò in seguito due ex preseminaristi interessati ai fatti del San Pio X. Si tratta di due ex alunni che hanno testimoniato in aula. Il sacerdote ha detto di aver parlato con loro perché uno dei due in particolare “ossessivamente amava ricercare questi fatti”.  A conclusione della testimonianza, don Stabellini ha detto che il fascicolo dell’indagine – in cui rientrava anche la memoria da lui redatta – gli risultò “molto depauperato” quando ebbe modo di rivederlo anni dopo con il nuovo vescovo di Como, Oscar Cantoni: “Alcuni atti non c’erano più”.

Otto anni di reclusione per don Gabriele Martinelli, quattro per l’ex rettore don Emilio Radice. Sono le richieste avanzate oggi dal Promotore di Giustizia vaticano, Roberto Zannotti, in pratica il pg, nel corso della requisitoria davanti al Tribunale del Vaticano nell’ambito del processo sui presunti abusi al Preseminario San Pio X.  Nel dettaglio, il pg  ha chiesto 8 anni di reclusione, ridotti a 4 anni, per don Gabriele Martinelli per il reato di violenza carnale aggravata secondo l’articolo 47 c.p. Richiesti altri 4 anni di reclusione, ridotti a 2, per atti di libidine aggravati. Quindi un totale di 6 anni di reclusione, ridotti a motivo della minore età dell’imputato. Zannotti ha delimitato il periodo punibile dal compimento dei 16 anni da parte di Martinelli il 9 agosto 2008 (quindi non dall’inizio delle violenze denunciate, 2007-2012). Secondo l’ordinamento vaticano, infatti, ha spiegato il Promotore di Giustizia, non è punibile chi non ha compiuto 16 anni quando ha commesso il reato. Il pg ha  poi chiesto per monsignor Radice, all’epoca rettore, imputato per favoreggiamento, 4 anni di reclusione. Zannotti ha spiegato che il reato è stato così configurato poiché nell’ordinamento penale vaticano non è previsto il reato di concorso in violenza sessuale, per il quale indaga invece la Procura di Roma.

 Zannotti, nella sua requisitoria, ha ripercorso il “processo importante, il primo per fatti del genere nella nostra giurisdizione”. Quindi ha spiegato che l’imputazione di don Martinelli non è riferibile all’intero periodo in cui si sono consumate le violenze (2007-2012), bensì a partire dal periodo in cui questi aveva compiuto 16 anni: 9 agosto 2008 fino a luglio 2012, quando L.G. lascia il Preseminario.    Anche Zannotti ha richiamato le parole dei testi sulla autorità di Martinelli nel Preseminario e sul suo rapporto con Radice e ha ricordato la vicenda personale e familiare di L.G. che, ha detto, gli ha suscitato “tenerezza”. Tutto per avvalorare l’accusa che quelli di Martinelli fossero veri “atti di violenza”, contrariamente ad una certa vulgata che iniziava a circolare secondo cui si trattasse di “cose di ragazzi”. “L.G. ha riferito di molestie di vario genere caratterizzate da un crescendo. In tutto questo contesto, Martinelli manifesta un potere che lo porta ad abusare”.

 Zannotti ha poi ricordato le minacce che Martinelli avrebbe rivolto a L.G., a cominciare dal ricatto di concedergli ruoli importanti nel servizio liturgico delle messe papali in cambio di favori sessuali: “Dai che poi ti faccio servire la messa al Papa”. “Mi sembra una blasfemia -ha detto in proposito il pg – e’più che turpe”. In Aula è stata evocata anche la tristemente famosa della Cassazione relativa ad uno stupro ai danni di una ragazza in jeans e al riguardo Zannottiha insistito sul concetto di consenso che, ha sottolineato, non c’era assolutamente quando L.G. era minorenne (“un minore è un soggetto immaturo, incapace di disporre del proprio corpo per fini sessuali”), tantomeno c’è stato dopo il compimento dei 18 anni di L.G.. “Non bisogna confondere il consenso con la partecipazione all’atto”. Allo stesso modo, ha rimarcato che la credibilità di L.G. non può essere inficiata dal fatto che abbia denunciato tardivamente. Sul rettore mons. Radice, Zannotti ha detto che il suo comportamento è”ancora più grave” delle violenze sessuali, “sia per la carica, che per l’ostinazione di coprire fatti evidenti a tutti. L’intera attività di Radice dal 2009 in poi era finalizzata a coprire Martinelli”, come dimostra, secondo il pg, la lettera falsa con cui Radice voleva accorciare i tempi dell’ordinazione diaconale di Martinelli.

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