Come riporta il quotidiano La Stampa, nelle ultime 24 ore la Svizzera ha registrato 6.592 contagi e 10 morti. Per far fronte alla pandemia, come scrive il giornale, l’Accademia Svizzera delle Scienze Mediche e dalla Società Svizzera di Medicina Intensiva ha stilato un Protocollo (in vigore dal 20 marzo, anche se ufficialmente non ancora adottato) nel quale vengono indicate le tipologie di pazienti destinati a non essere ricoverati in Terapia Intensiva: «Età superiore a 85 anni. Età superiore a 75 anni accompagnata da almeno uno dei seguenti criteri: cirrosi epatica, insufficienza renale cronica stadio III, insufficienza cardiaca di classe NYHA superiore a 1 e sopravvivenza stimata a meno di 24 mesi».
Si legge infatti che “Il titolo è preciso: «Triage dei trattamenti di medicina intensiva in caso di scarsità di risorse». Ad una domanda che si stanno facendo in tutti gli ospedali del mondo, la Svizzera mette nero su bianco una risposta: «Al livello B, indisponibilità di letti in terapia intensiva, non andrebbe fatta alcuna rianimazione cardiopolmonare».
Aggiunge ancora la Stampa che è come essere in guerra.
“Essere curati o meno, sarà prerogativa dei medici. O piuttosto dal numero di letti ospedalieri… Le decisioni che potrebbero prendere a breve i medici svizzeri, sono le stesse con cui si sono confrontati a marzo i medici di Bergamo, travolti dalla prima ondata di pandemia. Tredici di loro avevano scritto una lettera al New England Journal of Medicine che aveva fatto il giro del mondo: «I pazienti più anziani non vengono rianimati e muoiono in solitudine senza neanche il conforto di appropriate cure palliative».