Estate difficile per la Sicilia, alle prese con un’emergenza idrica prodotta dalla grave siccità. Ma, secondo la Commissione Europea, l’Italia avrebbe già i mezzi per affrontare la situazione, e autorità preposte e istituzioni non si sarebbero attivate come avrebbero potuto e dovuto. Tra Italia e Unione europea, la questione siciliana rende incandescenti i rapporti, con scambi di implicite accuse reciproche. L’ultimo atto del confronto epistolare è la risposta della commissaria per la Coesione, Elisa Ferreira, all’interrogazione urgente presentata da Giuseppe Antoci (M5S/laSinistra). L’esponente pentastellato chiede cosa potrebbe fare Bruxelles. La Commissione può venire in soccorso, attraverso l’attivazione del Fondo europeo di solidarietà.
Peccato che, sottolinea Ferreira, “al 6 agosto 2024 l’Italia non ha attivato il Fondo per affrontare la situazione in Sicilia”. Ciò nonostante il presidente delle Regione Siciliana, Renato Schifani, ha riconosciuto la difficoltà della situazione proclamando lo stato di emergenza idrica l’11 marzo, attraverso la delibera che estende la crisi fino al 31 dicembre di quest’anno. Non solista. L’Ue può mettere a disposizioni altri aiuti economici e finanziari attraverso il programma Life per ciò che riguarda attività di desalinizzazione, e la Politica agricola comune (Pac) che prevede “strumenti per la gestione del rischio in caso di condizioni meteorologiche avverse”.
Il sostegno finanziario tramite fondi europei, sottolinea Ferreira, può essere concesso a investimenti volti a garantire un approvvigionamento idrico sufficiente “che soddisfano i criteri di ammissibilità ei requisiti in materia di acqua e ambiente”. Servono interventi strutturali veri, fatti per bene. Una sfida per amministrazioni locali e centrali, senza dubbio. A proposito di riforme, adesso più che mai l’Ue attende l’Italia al varco. Perché c’è un piano nazionale per la ripresa (Pnrr) finanziato attraverso il Recovery Fund che nel caso italiano, rileva ancora la commissaria, “prevede un sostegno alla gestione sostenibile delle risorse idriche”, e in questo percorso “lo Stato membro è responsabile dell’assegnazione del sostegno del dispositivo per la ripresa alle diverse regioni”. Spetta al governo Meloni stabilire quanto destinare alla Sicilia, e in che misura affrontare l’emergenza idrica sull’isola. Anche in questo caso l’Europa c’è, ma spetta all’Italia adesso fare tesoro del sostegno comunitario. Le risposte di Ferreira inchiodano l’Italia alle sue responsabilità, come già fatto da Maros Sefcovic, commissario per il Green Deal, interrogato sulla stessa questione siccità in Sicilia. Spetta alle Regioni lavorare per prevenire, affrontare e risolvere il problema, il monitoraggio di Sefcovic, a cui si aggiungono richiami e rilievi di Ferreira. La crisi idrica siciliana finisce dunque col diventare un caso,e un motivo di tensione tra Roma e Bruxelles, e che sfocia con l’esecutivo comunitario che si vede costretto a suggerire politiche di listino per l’acqua confezionata. Già, perché “numerose ordinanze sindacali – denuncia l’eurodeputato Antoci – vietano l’uso dell’acqua fornita dalla rete idrica, costringendo i cittadini ad acquistare l’acqua imbottigliata, gravata dall’aliquota Iva ordinaria”. Non è che si può applicare un regime agevolato data, le circostanze?, la richiesta a Bruxelles. Certo che si può, ma non serve neppure chiederlo. “La direttiva Ue sull’Iva non preclude l’applicazione di aliquote ridotte all’erogazione di acqua, compresa l’acqua imbottigliata“, ricorda Ferreira. Che puntualizza: la decisione di avvalersi di questa possibilità “è a discrezione degli Stati membri”.