Provate a dire ad un napoletano di rinunciare alla sua lingua. Al lombardo la tv invece lo impone

3 Ottobre 2021
Lettura 1 min

di Roberto Pisani – C’erano una volta i Cochi e Renato, i Dario Fo, i Nanni Svampa, i Roberto Brivio…
C’erano e adesso non ci sono più.
C’erano una volta i Gaber, gli Jannacci, i Gufi, i Chiari, i Teocoli, i Boldi…
C’erano e adesso non ci sono più….
C’era una volta il Derby Club….
C’era e adesso non c’è più…
C’era una volta il cabaret milanese e lombardo…. L’hanno ucciso!!!
Una morte lenta, quasi un’agonia, voluta da una gestione televisiva che a poco a poco l’ha sostituito con artisti di altre latitudini, prima napoletani, poi calabresi e siciliani, infine romani e toscani.

Un delitto in piena regola, certamente premeditato, perché uccidere una cultura e la sua lingua vuol dire uccidere il suo popolo.
E l’hanno fatto nel modo più subdolo: facendoci ridere!
Hanno barattato la nostra cultura in cambio di quattro risate, nemmeno i famosi trenta denari, solo risate!
Anni e anni di televisione a trazione sudista ha tolto gli spazi ai nostri artisti a favore di quelli diversamente nordici. E, si sa, niente è più valido della TV per manipolare le menti.
Quante volte ci siamo sentiti dire: l’hanno detto in TV quindi è vero. Niente di più valido per veicolare le strategie, politiche o no, della televisione.
In questo caso il risultato è stato quello di azzerare una cultura, una lingua, una storia seppur frivola, di divertimento. Il cabaret è nato a Milano ed era figlio delle nostre tradizioni, di quelle dei nostri padri e prima ancora dei loro padri. La lingua cantata, per esempio, dai Gufi era la nostra lingua, quella nativa, quella che per anni si è tramandata di generazioni in generazioni.


Tutto cancellato in nome di una centralismo che ha devastato un parte consistente di territorio che, guarda caso, corrisponde alla parte produttiva ed economicamente trainante.

Perché non andate a dire ad un napoletano, ad un romano o a un siciliano di rinunciare alla loro lingua e alle loro tradizioni? Provate ad andare a Napoli e dire di non celebrare più lo scioglimento del sangue di San Gennaro, per esempio. Oppure provate a dire  a un salentino di non ballare più la pizzica.

Però ai milanesi e ai lombardi no. A loro si può dire di non parlare più la loro lingua. Anzi quasi gli si impone di non farlo. E guai proporla in TV, non sia mai. Avanti il napoletano, il calabrese, il siciliano e il romano. Ma il lombardo no, seppur in forma comica.
E ricordatevi: chi uccide la lingua e la cultura uccide un popolo.

IL GIORNALE

Direttrice: Stefania Piazzo
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