Mascherine: gli effetti sullo stato emotivo dei bambini

28 Agosto 2020
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Il Prof. Umberto Nizzoli, psicologo, psicoterapeuta, scrittore e docente universitario, ha realizzato uno studio molto interessante: le misure di restrizione per la pandemia possono incidere sulle persone in fase di sviluppo?
Sì, e molto più di quanto immaginiamo.

Il cervello del bambino è dotato di straordinaria plasticità. Sono le esperienze che vive e gli stimoli che gli offre l’ambiente a stabilire quali connessioni cerebrali mantenere e quali eliminare, quali si potenziano e quali si bloccano.

Le prime interazioni con il mondo extrauterino sono così importanti che determinano in buona misura l’evoluzione del suo sviluppo cognitivo e sociale. Ecco perché il neonato ha bisogno di stare a contatto con i propri genitori e di sentirsi protetto e amato da loro.

Le interazioni del neonato con il mondo sono così importanti che hanno perfino il potere di modificare il funzionamento dei geni attraverso la loro attivazione o la loro inibizione. Il bambino che dalla nascita riceverà dai suoi genitori e poi dagli altri soggetti del contesto di socializzazione-sperimentazione le attenzioni necessarie e crescerà con stimoli di qualità, stabilendo relazioni positive con la famiglia e con gli amici, più probabilmente avrà una infanzia felice e crescerà in modo positivo sviluppando una buona autostima e una positiva sicurezza interna. L’ambiente caldo e sicuro esterno si trasforma progressivamente in qualità interne.

Da decenni sappiamo che la stimolazione precoce dei bambini porta coefficienti cognitivi superiori. I processi di apprendimento sono nuove connessioni neurali, nuove orme sinaptiche, nuove consapevolezze, nuove organizzazioni. C’è come una fame di notizie, ma esse devono essere processate per formare memorie; è allora necessario che le informazioni attirino in qualche modo l’attenzione; lo sguardo, la sua intensità, il gioco, l’espressione corporea e del viso sono strumenti per la crescita di memorie, per gli apprendimenti.

Ci si accompagna nella crescita imitando gli altri, cosa dice e fa la mamma, il papà, gli amici e via crescendo. L’imitazione nei bambini non è soltanto la manifestazione di un impulso incontrollato ma una forma di memoria. Sono le nostre risposte all’ambiente. Anche il linguaggio si apprende innanzitutto imitando. L’impatto delle interazioni umane sull’apprendimento del linguaggio è stato drammaticamente messo in evidenza dalle osservazioni fatte sui bambini allevati in isolamento sociale: la deprivazione sociale ha un effetto severo sullo sviluppo del linguaggio negli esseri umani.

È stato dimostrato che già il feto manifesta comportamenti di risposta all’ambiente, ad esempio si muove attivamente fin dalle prime fasi della gestazione e i suoi movimenti aumentano a mano a mano che questa procede in linea con lo sviluppo del suo sistema nervoso. Il primo senso a svilupparsi è il tatto. In ogni scambio esistono oltre ai contenutiverbali altri contenuti impliciti ma non per questo meno importanti.

Assieme al contenuto delle parole vi sono gli apparati para-linguistici con cui le parole vengono dette e tutto il mare della comunicazione non-verbale che segnala la qualità della relazione fra le persone che stanno comunicando. Imparare a decodificare diventa allora essenziale se si vuole davvero capire ciò che il proprio interlocutore sta dicendo. Insomma è essenziale imparare ad osservare, a farlo bene in modo da cogliere i veri significati della comunicazione che ci interessa.

E bisogna calare queste osservazioni nel tipo di persona con cui si comunica. Le micro-espressioni del volto sono la misura delle reazioni viscerali alle idee e alle proposte che si stanno confrontando. Nonostante l’affinamento evolutivo, l’essere umano conserva 200+ muscoli “inutili”: localizzati nel volto, i muscoli “inutili” in realtà realizzano l’espressione e il suo significato.In conclusione, e semplificando, il nostro comportamento, la nostra personalità, la nostra intelligenza sono direttamente definiti dalle nostre esperienze.

Il continuo superare soglie, sfide, limiti avviene a partire dal coordinamento tra figli e genitori e poi amici, amori eccetera, dando luogo a un processo di sincronizzazione sociale alla base del quale si forma il legame di attaccamento madre figlio, fatto di contatti, sguardi, odori e ritmi. Ciò serve a garantire protezione e, soddisfacimento dei bisogni emotivi più basilari: come il sentirsi protetto, sicuro, accettato, amato e accompagnato. John Bowlby, colui che ha aperto le conoscenze sull’attaccamento, scrive che nel bambino la fame di amore e della presenza materna è non meno grande della fame di cibo.

L’assunzione di una prospettiva sociale-relazionale è la base dello sviluppo di una delle funzioni cognitive più straordinarie del cervello umano: la capacità di capire e di prevedere il comportamento, le conoscenze, le intenzioni e le credenze delle altre persone; il che è fondamentale per tenere sotto controllo il livello d’ansia che gli stimoli altrimenti darebbero, per controllare lo psicoticismo innato di cui parlava Bleger. Solo la capacità di mentalizzazione delle esperienze, degli altri comportamenti individuali o gruppali e infine dell’ambiente, consente all’individuo di vivere calmo e sicuro, in una condizione di “salute” intesa secondo la definizione dell’OMS, cioè: “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale [che] non consiste solo in un’assenza di malattia o infermità “La realtà che ci circonda, gli stimoli consci o inconsci che riceviamo, le persone che ci circondano e i nostri vissuti su tutto ciò, sono come gli scultori del nostro cervello e della nostra mente. Vari studi epigenetici ne evidenziano la forza che può modificare in modo profondo perfino la nostra biologia. Ciò implica che situazioni avverse possono provocare la comparsa di gravi disturbi mentali come la depressione e perfino la schizofrenia, come difesa della mente che esce da circostanze per lei troppo negative..

Le conseguenze a livello comportamentale dovute all’esposizione a un ambiente nocivo si possono manifestare durante tutto il corso della vita e in modi molto diversi; esse possono riguardare i risultati scolastici, qualsiasi funzione cerebrale di tipo esecutivo, l’attenzione, il comportamento e le abilità sociali emotive, ma anche l’organizzazione biologica.

E adesso ci si chiede: quali potrebbero essere gli effetti del lockdown sui processi di crescita e di sviluppo? Cosa comporta portare la mascherina, vedere gli altri a distanza e mascherati? Potenzialmente gli effetti potrebbero essere enormi. Possono riguardare lo stato emotivo con tutto il ventaglio dei possibili quadri clinici, dai più ovvi disturbi di ansia e depressivi fino ai più severi, insieme alle condotte di lenimento-gestione dell’ansia come il ricorso ad alcol, droghe farmaci.

Possono uscirne persone sempre tese, ipervigilanti,ansiose, stressate, con tutti i correlati neuro-biologici. In pratica, si può innescare un vasto spettro di malattie, ivi compresi tumori, disturbi cardiaci circolatori, ormonali, diabetici, eccetera. Si possono intaccare le capacità cognitive: in definitiva tutto l’arco delle competenze cognitive, emotive professionali sociali.Semplificando molto: è possibile immaginare una popolazione più insicura, malata, meno performante e meno intelligente. L’intensità e la diffusione di tutti questi fenomeni è difficile oggi da calcolare. Fenomeni tuttavia enormi con implicazioni sociali, economiche e politiche gigantesche, su cui è facile immaginare quali e quanti appetiti si muovano.Il punto della questione però mi pare un altro.

È evitabile tutto ciò? E se qualche forma di gestione dell’endemizzazione del virus si rendesse necessaria, cosa si può fare in un bilanciato rapporto fra costi, danni, e benefici e di quali di essi ci si fa portatori prioritariamente? Come sempre lo sviluppo delle conoscenze dovrebbe essere lo strumento per la ricerca della soluzione migliore possibile.

References Bleger J. (1993), “Simbiosi e ambiguità”, Loreto, Libreria Editrice Lauretana Bowlby J. (1989) ‘Una base sicura’ Raffaello Cortina Editore, Milano

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