Maroni, da segretario Lega a sindaco Varese? Le contromosse di Salvini. E il coro dei Giovani Padani

3 Settembre 2020
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di Stefania Piazzo – “Fu proprio Salvini a prendere le mie difese quando il cerchio magico cercò di buttarmi fuori, fu lui a preparare le contromosse”. Così Roberto Maroni racconta al Corriere della Sera il suo ritorno, perché a Varese si vota per il sindaco, ma l’ex ministro propone anche un ripasso di storia leghista iniziata nel gennaio 2012 quando a Marco Reguzzoni fu chiesto di dimettersi da capogruppo alla Camera. Era l’ultimo argine dei bossiani. Rotto quello, immortalato da un mesto brindisi al terzo piano di via Bellerio nella sala del consiglio federale voluto da Bossi come “segno della pace”, impossibile, si continuò con le serate nei teatri di Varese in cui Bobo Maroni lanciava la sua corsa alla segreteria federale del partito.

Sventata la “fatwa” che doveva impedire a Maroni la sua corsa, a cominciare dai comizi, uno dei momenti più significativi si consumò il 22 gennaio 2012 in piazza Duomo a Milano, alla manifestazione contro Monti. In realtà era il sigillo di una frattura, di una svolta. Di una definitiva rottamazione di un periodo storico, nel bene e nel male. Stava finendo la Lega di Bossi.

Maroni dice la verità. L’aiuto di Salvini ci fu. E, come in tutte le tragedie che accompagnano il racconto di una vicenda epica, come quella del Senatur e il tramonto della sua Lega, ci furono anche i coreuti.

Non mancarono i fischi all’intervento di Bossi in piazza Duomo, piazza abituata a ben altri clamori per il fondatore e anche i cori “Reguzzoni fuori dai coglioni”. Fu un inverno corale, da hooligans della politica. Mancavano solo i fumogeni nell’indimenticabile “Rosy p…. l’hai fatto per la grana” in pizzeria.

Scriveva Davide Vecchi allora per Il Fatto Quotidiano: “Quando il corteo parte (a Milano il 22 gennaio 2012, ndr), alla testa ci sono Bossi, Maroni e Rosi Mauro. L’immagine della pace ritrovata. Apparente. Perché ci sono cartelli “cerchio tragico” che il servizio d’ordine cerca di far abbassare, senza risultato. E ci sono slogan contro Reguzzoni, “fuori dai coglioni”, che lo speaker Salvini, pur controvoglia, zittisce”. 

C’era un po’ qua e un po’ là agli eventi il sottofondo dei giovani padani, il vivaio di consensi storico di Matteo Salvini, da cui ha pescato per Camera e Senato, premiando i fedeli, ma c’era anche come sottofondo ancora la Padania, il chi non salta italiano è…. Una coreografia d’altri tempi, e altri giovani, forse, ma loro oggi sono convertiti al nazionalismo italico, al sovranismo.

Certo, a sentire parlare Maroni si sente parlare chi la politica l’ha fatta e la maneggia bene. Per riprovarci. Non ha niente a che fare con il livello medio della dirigenza attuale. E’ un’altra classe, un altro stile, odiato dai “nemici” politici, perché non fece prigionieri, e apprezzato però ancora da chi si aspetta delle analisi che vadano oltre lo sputo verbale che oggi spadroneggia. Fu il primo a usare i social, aprì ad un metodo. Ma il padrone assoluto della piazza è Salvini.

Maroni sostiene che però si possa tornare alla vecchia Lega, ovvero alla scelta del candidato da parte della sezione. “Erano loro a decidere – spiega nell’intervista a Marco Cremonesi – non la segreteria federale”.

Che questo possa bastare per ridare verginità identitaria alla Lega di oggi è un po’ pochino. Magari pronunciare politicamente “questione settentrionale” potrebbe iniziare a far capire se davvero è politica o se è provare a chiudere in bellezza da borgomastro, come diceva un tempo la Lega, un percorso politico. Con tutti gli onori.

A Varese avranno anche una sezione, ma nel resto del Nord? E quanti sono gli iscritti? Le militanze, quelle “vecchie”, con la tessera Lega Nord, per intendersi, sono invitate a transitare nella Lega Salvini Premier. E la Lega “dei bei tempi” non c’è più. Non è europeista, è più a destra della Meloni. Non dice “Prima il Nord”, perché quella tutto sommato era ancora la musica di Bobo, quando anche al Lingotto di Torino organizzò gli stati generali del Nord. Insomma, non basta il calore della sezione a ricordare la prima culla del leghismo dei manifesti, delle latte di colla.

E poi, nel 2016, quando Maroni era ancora governatore e quindi aveva tutta la massima visibilità disponibile, Varese andò al voto. E lui, capolista, portò a casa 335 voti. Il candidato della Lega, l’imprenditore Orrigoni, patron del Tigros, fu sconfitto dal centrosinistra con Galimberti sindaco, dopo la stagione di Attilio Fontana.

Forse, se anche allora avesse avuto l’aiutino dei giovani padani, chissà… Riprovaci ancora, Bobo.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2012/01/22/milano-corteo-della-lega-tensioni-archiviare-contestazioni-monti/185690/

http://www.laprovinciadivarese.it/videos/video/varese-cori-dei-giovani-padani-contro-reguzzoni_16422_44/?attach_m&object_id_from=262327&content_type_from_id=11

Trova le differenze: 22 gennaio 2012 Milano

…. 22 gennaio 2020, Catanzaro

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