di Sergio Bianchini – Ancora una volta compare la tragedia conseguente al rifiuto della fine di un rapporto di coppia.
Il maschio che non accetta la rottura passa dalla disperazione all’aggressività, a volte all’omicidio ed anche all’omicidio suicidio.
La femmina non esplica la stessa violenza ma prevale nella depressione che colpisce in Europa circa il 10% delle donne, quasi il doppio degli uomini.
Ed ancora una volta la musica facilona e liberista rispetto alla spontaneità amorosa anche sessuale tace e non si odono in alcun modo inviti alla prudenza.
L’antico rito prevedeva varie fasi, la simpatia iniziale, la conoscenza prolungata, la presentazione ai genitori, il fidanzamento e poi il matrimonio. Tutte fasi reversibili eccetto l’ultima che era l’unica in cui era possibile l’unione sessuale.
Molte persone della mia generazione hanno praticato la sequenza. Ed è proprio l’unione sessuale completa oggi estaticamente liberata, allora punto finale della relazione, che genera sia le gravidanze involontarie che l’attaccamento anche morboso unilaterale.
Da 50 anni il vecchio rito è morto, partendo dagli strati sociali più ricchi e più colti e scendendo rapidamente fino agli strati popolari. Il liberismo facilone sulla sessualità ha catturato perfino la chiesa cattolica che ha scoperto “l’amoris letizia” (con secoli di ritardo se si assume la tempistica della modernità) abbandonando così anch’essa il contenimento delle prestazioni sessuali.
Tempo fa parlai con due mamme, una non cattolica e caratterialmente modernista-innovatrice e l’altra cattolica senza impeti innovatori, almeno apparentemente. Chiesi a ciascuna cosa insegnasse ai figli frequentanti la scuola media sul sesso.
La prima mi rispose “che è una cosa come tante altre”. Io allora risposi ”come bere un bicchier d’acqua?”. Fece un piccolo balzo e disse ”NO NO”. La seconda mamma mi disse: “raccomando e insegno che la premessa al sesso è tanto tanto amore”. E io risposi: “Se sua figlia viene a casa e dice che prova tanto tanto amore per un compagno come la mette?”. Lei tacque.
Dopo questi ed altri confronti elaborai una mia indicazione che pareva molto condivisa anche se apparentemente scherzosa: “petting si ma trombing no almeno fino a 18 anni”. Lo stile scherzoso era voluto e necessario in una materia così centrale sulla quale allora dominava ancora l’attacco liberista assolutamente prevalente nei media contro i dogmi “medievali e religiosi”.
Nei corsi scolastici sull’educazione sessuale il centro non era l’esame della realtà anche problematica del rapporto di coppia oggi nelle diverse età, ma l’opposizione allo schema tradizionale ormai superato. Lo psicologo della mia scuola (l’unico che ho incontrato bravo) che mi aiutava a tenere i tre corsi annuali per genitori mi diceva che alle superiori doveva stare molto attento nel parlare della famiglia pena l’accusa di essere retrogrado.
Un atteggiamento accorto che dia ai giovani veri consigli basati sugli avvenimenti reali di ogni giorno ancora non esiste nella nostra intellighenzia che è posizionata nella demolizione dei “vecchi pregiudizi”. Consigliare, specialmente ai giovani, prudenza ed astinenza dal rapporto sessuale completo fino a raggiungimento di grande fiducia, stima e responsabilità per il partner e grande conoscenza di sé, sembra non essere pertinente, come consigliare di non drogarsi e non bere in discoteca o di non stare in giro fino alle tre di notte.
Tanto meno consigliare vite non avventurose, senza collezionismi amorosi e sessuali.
Intanto ogni giorno leggiamo di disgrazie, stupri e incidenti del sabato sera, aggressioni, stalking. Al massimo si chiede uno stato più efficiente, cosa ormai impossibile in Italia. Speriamo che le persone ragionevoli sia in basso che in alto, tra i genitori, gli intellettuali e i politici aumentino.