Fanno i maestrini con test,vaccino e mascherine poi tolgono le tutele a 50mila trapiantati e dializzati immunodepressi

13 Settembre 2020
Lettura 1 min

La fiducia sul decreto alla Camera ha fatto decadere anche l’emendamento che avrebbe evitato a chi ha difese immunitarie azzerate di dover rientrare al lavoro. Aned, Associazione nazionale dei trapiantati e dializzati, ha raccolto alcune testimonianze dirette.

Michele è trapiantato di fegato e lavora in una fabbrica di prodotti per la ristorazione. Il medico aziendale ha deciso che non può rientrare in quanto immunodepresso, richiamando i vari dpcm che dettano la necessità per i trapiantati di stare lontani dai luoghi di contagio. Ma il suo medico di base gli nega il certificato di malattia. Michele a causa del trapianto e di altre patologie non può continuare ad accumulare giorni di malattia che incidano sul periodo di comporto perché rischia il licenziamento.

Vincenzo, invece, è trapiantato di rene ed è fisioterapista in una RSA. Il medico aziendale ha disposto il suo rientro al lavoro. Ma Vincenzo è anche ipovedente e non ha la percezione delle distanze. Questo lo espone ancora di più a un rischio contagio.

Francesca è trapiantata di cuore ed è madre di due bambine. Lavora in un supermercato ed è costretta a rientrare pur sapendo che, in caso di contagio, non saprebbe a chi lasciare i propri figli.

Nelle ultime settimane di storie come queste ne stanno arrivando a centinaia al centralino di ANED Onlus, l’Associazione nazionale dei trapiantati e dializzati. Il problema di fondo è semplice. Il Dl agosto approvato dal Consiglio dei ministri non ha prorogato la possibilità per le persone immunodepresse di essere esentate dal lavoro. Una misura di salvaguardia importante per persone ad alto rischio contagio da Covid e soprattutto ad altissimo rischio di complicazioni determinate dalle basse difese immunitarie dell’organismo, che era stata adottata in tutti i precedenti Dpcm, a cominciare da quello del 9 marzo scorso.

Una situazione denunciata ripetutamente da Aned e che aveva portato alla presentazione di un emendamento alla Camera, fatto proprio dallo stesso governo. Con la decisione di mettere la fiducia sul Decreto, tuttavia, gli emendamenti sono caduti e l’incertezza è tornata a dominare le vite di 50mila lavoratori.

“A questo punto – spiega il presidente nazionale di Aned Onlus, Giuseppe Vanacore – la palla passa al Senato. È essenziale che l’emendamento venga approvato prima della conversione in legge del Decreto allo scopo di salvaguardare dal contagio tutte le lavoratrici e i lavoratori immunodepressi. Anche perché si sta determinando una spaccatura tra lavoratori di Serie A, che possono lavorare in smartworking, e di Serie B, costretti a tornare sul campo con enormi rischi per la loro incolumità”.

In assenza di una norma di riferimento – conclude Vanacore – i medici di medicina generale stanno agendo o agiscono in ordine sparso, con alcuni che rilasciano certificazioni per giustificare l’assenza dal lavoro e altri che si rifiutano di farlo. I permessi lavorativi previsti dalla legge 104/92 sono esauriti e in molti casi anche le ferie e i permessi retribuiti. È necessario intervenire immediatamente”.

IL GIORNALE

Direttrice: Stefania Piazzo
La Nuova Padania, quotidiano online del Nord.
Hosting: Stefania Piazzo

Newsletter

Iscriviti alla nostra Newsletter!

Servizio Precedente

Minacce di morte a Zaia

Prossimo Servizio

Austria, il cancelliere Kurz: siamo nella seconda ondata

TornaSu