Etiopia: la guerra dimenticata, tanto è lontana

29 Novembre 2020
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di Luigi Basso – In queste ore Macallè, capoluogo della regione etiopica del Tigrè, è sotto l’assedio delle truppe regolari di Addis Abeba: una catastrofe umanitaria è in corso, sotto gli occhi di una comunità internazionale ipocrita e, di fatto, complice della violentissima repressione militare etiope.
Ma riavvolgiamo per poco il nastro degli avvenimenti.
Lo Stato etiope è una delle tante invenzioni a freddo delle Cancellerie occidentali in Africa, nato dalla convinzione che i modelli giuridici e politici di tipo europeo fossero esportabili in ogni angolo del pianeta.
Idea che la prova del fuoco della storia ha dimostrato completamente errata.

Photo by Moti Abebe


Dopo l’epoca coloniale l’Etiopia si reggeva su un accordo tra etnie, tra tribù, secondo il quale la divisione del potere non avveniva su linee di faglia giuridiche, politiche o partitiche, ma appunto etniche e razziali.
Si è parlato proprio per il caso etiope di etnofederalismo.


Le chiavi del potere erano in mano essenzialmente ai tigrini, benchè avessero un peso demografico scarso, mentre le etnie più numerose, gli oromo e gli ahmara su tutti che rappresentano insieme il 60% della popolazione, erano tenute in secondo piano.


Dopo l’arrivo dei cinesi in Etiopia, all’inizio degli anni 2000, la situazione si è rapidamente deteriorata, il ruolo dei tigrini è entrato in crisi nonostante il Fronte di Liberazione Nazionale del Tigrè si proclami marxista: dimostrazione ulteriore che la politica in Etiopia si muove su linee tribali e le nostre categorie metafisiche hanno poco aderenza.


Nel 2018 il Premier etiope è diventato Abiy Ahmed, un politico esperto benché giovane, per la prima volta un Oromo, a capo di un governo di coalizione con i tigrini dopo che la rivolta degli Oromo aveva fatto cadere l’ultimo Premier tigrino.
La comunità internazionale riconobbe al nuovo Premier, più sulla fiducia che basandosi sui fatti come spesso capita negli ultimi anni, addirittura il Premio Nobel per la Pace.


All’inizio dell’anno Abiy ha cacciato dal Governo la fazione tigrina che si è rinserrata nella sua regione rivendicando l’autonomia da Addis Abeba dove aveva perso irrimediabilmente il potere a favore di un governo che gode evidentemente del favore della Cina che in Etiopia è ormai di casa.


A questo punto, il Fronte Nazionale del Tigrè ha iniziato una politica apertamente indipendentista, organizzando elezioni locali nonostante il formale divieto del governo centrale: le consultazioni si sono fatte ugualmente ed il Fronte ha ottenuto il 98% dei voti, a conferma dell’esistenza di una concezione etnica della politica.


Addis Abeba ha annullato le elezioni e attaccato il Tigrè usando il classico casus belli che in questi casi va offerto alla comunità internazionale come ipocrita scusante.
Dai tempi di Troia non crediamo punto ai casus belli invocati da chi attacca.
La realtà è che presto racconteremo l’ennesima tragedia che si poteva evitare con un minimo di buonsenso, partendo dal rispetto del principio di autodeterminazione dei popoli.

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Direttrice: Stefania Piazzo
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