Cosentino assolto in appello. Quando Bossi votò per il No (“Non c’è nulla”, disse), mentre Salvini e Maroni….

29 Settembre 2020
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La Corte d’Appello di Napoli ha assolto “per non aver commesso il fatto” l’ex sottosegretario all’Economia, Nicola Cosentino, nel processo cosiddetto “Il Principe e la Scheda Ballerina”, in cui l’ex coordinatore campano di Forza Italia era accusato del reato di tentato impiego di capitali illeciti con l’aggravante mafiosa, in relazione alla costruzione a Casal di Principe di un centro commerciale voluto dal clan dei Casalesi, ma mai edificato. In primo grado Cosentino era stato condannato a cinque anni e mezzo di carcere dal tribunale di Santa Maria Capua Vetere; oggi il procuratore generale aveva chiesto per Cosentino la conferma della condanna. È la seconda assoluzione per l’ex uomo forte di Forza Italia, dopo quella ricevuta nel processo sull’azienda di carburanti di famiglia.

Per ben tre volte Nicola Cosentino, già sottosegretario all’Economia e coordinatore del Popolo della libertà in Campania, riuscì a passare indenne il giudizio della Camera sulle richieste di autorizzazione a procedere nei suoi confronti presentate dai magistrati di Napoli. Vicende che coprono un lasso di tempo compreso tra la fine del 2009 e l’inizio del 2012 e che permettono anche una rilettura dell’evoluzione del quadro politico in generale e del centrodestra in particolare.

Sullo sfondo soprattutto i contrasti tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini, che portarono all’uscita di quest’ultimo dal Pdl e alla nascita di Futuro e libertà; la fine della maggioranza di centrodestra a sostegno di Berlusconi e la nascita del governo Monti; le fibrillazioni all’interno della Lega, con le divergenze tra Umberto Bossi e Roberto Maroni e un ancora esordiente Matteo Salvini schierato sulla linea del sì alle richieste dei magistrati. Un primo pronunciamento della Camera avviene il 10 dicembre del 2009, quando viene respinta una prima richiesta di autorizzazione all’arresto nei confronti di Cosentino. Compatta la maggioranza Pdl-Lega, che a scrutinio segreto dice no alla custodia cautelare con 360 voti rispetto ai 226 dell’opposizione. Lo stesso giorno vengono anche respinte le mozioni di sfiducia nei confronti di Cosentino che ricopre la carica di sottosegretario all’Economia.

Incarico che lascerà il 14 luglio del 2010, dopo il coinvolgimento in un’inchiesta sull’eolico e la presentazione di un’altra mozione di sfiducia nei suoi confronti. Nel frattempo si è consumata all’interno del Pdl la frattura tra Berlusconi e Fini, mentre anche nella Lega emergono i primi distinguo sul parlamentare campano. Così, mentre nel frattempo è nato il partito Futuro e libertà, si arriva ad un altro voto su una nuova richiesta di autorizzazione dei magistrati campani, stavolta per l’uso di intercettazioni che chiamano in causa Cosentino.

Il 22 settembre sempre del 2010 la Camera a scrutinio segreto dice un nuovo no, con 308 voti contro 285 e un astenuto. Compatti Pdl e Lega, per il sì i finiani, perché, spiega l’allora vicecapogruppo, Benedetto Della Vedova, “il voto del Parlamento non può essere motivato da ragioni di solidarietà o ostilità politica nei confronti di un collega. Non c’è alcun elemento che possa far pensare al fumus persecutionis”.

Ma è nel gennaio del 2012 che Cosentino gioca la partita più difficile per una nuova richiesta di autorizzazione all’arresto. Tra Berlusconi e Fini la frattura si è definitivamente consumata, il Cavaliere non è più a palazzo Chigi dove siede Mario Monti, sostenuto anche dal Pdl, ma con la Lega all’opposizione.

Così la Giunta delle Autorizzazioni l’11 gennaio dice sì alla custodia cautelare con 11 favorevoli e dieci contrari. Per il sì anche la Lega, nonostante le perplessità personali di Luca Paolini, esponente del Carroccio nell’organismo parlamentare. In vista del voto dell’Aula, da parte di Berlusconi inizia un pressing su Umberto Bossi più asfissiante di quello del Milan di Sacchi e a via Bellerio si vivono ore drammatiche. Divisi il senatur e Roberto Maroni, con quest’ultimo a favore dell’arresto, mentre Matteo Salvini non esita a dire che “la Lega ha tanti difetti ma non quello dell’incoerenza. Quando decidiamo di fare una cosa andiamo fino alla fine. Il voto di oggi sarà quello che daremo anche alla Camera”, vale a dire in Assemblea. Ma in serata Bossi, lasciando la Camera, annuncia proprio all’Adnkronos che il giorno dopo lascerà libertà di coscienza, perché “nelle carte non c’è nulla”. Scelta confermata il giorno dopo nella riunione di Gruppo. E’ il 12 gennaio. In Aula, con 309 voti contro 298 favorevoli su 607 votanti, la Camera a scrutinio segreto respinge la richiesta di autorizzazione all’arresto. Subito Cosentino, come aveva annunciato, si dimette da coordinatore del Pdl in Campania, mentre il Carroccio deve far fronte ad una forte contestazione della base, in onda su Radio Padania. E Maroni si dichiara “amareggiato e un po’ deluso”.

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