Carceri, altra emergenza a Bari. Da Torino appello a Mattarella

18 Agosto 2024
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Quanto accaduto ieri sera nel carcere di Bari “non è stata né una rivolta né una protesta e non ha a che fare con il sovraffollamento”. “Quattro detenuti, due dei quali alticci, hanno forzato l’ingresso della cella ed essendoci un solo agente della polizia penitenziaria, hanno avuto gioco facile”. È quanto apprende l’ANSA da fonti qualificate interne all’istituto di pena barese dove ieri si sono vissuti momenti di tensione risolti “senza l’uso della forza”. Secondo quanto ricostruito, nel gruppo di reclusi, tutti di nazionalità italiana, ce ne sono due con problemi legati a dipendenze da droghe e alcol: i quattro sono stati trasferiti già nel corso della tarda serata di ieri, in quattro differenti carceri pugliesi. “I piani di emergenza locale e regionale attivati entrambi in tempo reale, hanno dato buoni risultati”, chiariscono dal carcere. Intorno alle 20 è scattata “una azione di opposizione” da parte dei detenuti che hanno “colpito il poliziotto, rimasto lievemente ferito, e sottratto il carrello all’infermiere che stava distribuendo e somministrando le terapie”. L’operatore sanitario, secondo quanto riferito, è rimasto bloccato nella sezione, chiusa a scopo precauzionale, che è stata riaperta quando il numero di personale è stato sufficiente a garantire anche la sua incolumità. 

A proposito dei disordini di Bari, dai sindacati di polizia penitenziaria si apprendeva ieri in serata liberazione dell’infermiera che era stata sequestrata. I disordini sono scoppiati nella seconda sezione della Casa Circondariale di Bari, dove si trovano circa 70 detenuti per reati comuni, alcuni dei quali affetti da patologie anche di natura psichiatrica. Stando alle prime ricostruzioni alcuni detenuti, pare circa 80, avrebbero ferito un poliziotto, portato in ospedale, e sequestrato un’infermiera, che è poi stata liberata. In un audio diffuso dai sindacati di polizia, si sente un agente che dice: “Hanno sequestrato la collega, hanno sequestrato un’infermiera all’interno del reparto, intervenite immediatamente tutti, immediatamente, emergenza”. E ancora: “Tutti i colleghi che possono intervenire in istituto, seconda sezione primo piano in rivolta, aggredito un collega, correte”.

A riferire gli eventi nel centro di detenzione erano stati diversi sindacati: Uilpa, Sappe, Spp, Osapp. “Al carcere di Bari è in corso una rivolta di alcuni detenuti della seconda sezione, che avrebbero ferito un poliziotto, che si trova in cura presso l’ospedale, e sequestrato un’infermiera, che ci dicono che in questo momento sarebbe stata liberata”, riferiva sabato scorso il segretario del Sappe, Federico Pilagatti, aggiungendo che “dalla seconda sezione del carcere di Bari qualche giorno fa un detenuto maghrebino aveva tentato la fuga”. Pilagatti sottolineava che “le notizie sono frammentate poiché l’evento critico è in corso” e aggiunge che “bisogna far cessare la violenza in carcere applicando le leggi che ci sono” e “i detenuti che compiono questi atti non devono rimanete impuniti ma devono essere portati immediatamente davanti al giudice”.

Inoltre Aldo Di Giacomo, segretario generale Spp (Sindacato Polizia Penitenziaria), riferiva che “sono oltre 200 gli agenti in arrivo a Bari dalle altre Carceri della regione” e aggiunge che c’è “massima allerta in tutte le Carceri del paese per scongiurare l’espandersi della protesta in altri istituti”. L’Spp in una nota aggiungeva che al carcere stanno affluendo dall’esterno Poliziotti penitenziari liberi dal servizio. Anche l’Osapp, per voce del suo segretario generale Leo Beneduci, riferiva della rivolta. Osapp e Spp condividono quello che definiscono il “motivato timore che la situazione del carcere di Bari in cui sono allocati detenuti anche appartenenti alle famiglie criminali del territorio possa degenerare ulteriormente ovvero la rivolta in corso possa servire da innesco per altre realtà penitenziarie pugliesi anch’esse in precarie condizioni di organico e di vivibilità”.

“Ci affidiamo al Presidente Mattarella affinché ‘scuota’ l’indifferenza dei decisori. Non c’è più tempo!”. Si conclude così la lettera dal carcere di Torino, pubblicata oggi dalla Stampa, scritta il 15 agosto dalle detenute del penitenziario e inviata ai vertici dell’amministrazione. “Siamo le ragazze detenute nel carcere di Torino – si legge nella missiva -. Con questo scritto vorremmo divulgare pubblicamente che il giorno di Ferragosto faremo lo sciopero del carrello rifiutando il cibo dell’amministrazione penitenziaria e che quando terminerà la pausa estiva del Parlamento inizieremo lo sciopero della fame ad oltranza e a staffetta, pacificamente affinché venga concessa la liberazione anticipata speciale o qualsiasi misura che riduca il sovraffollamento e riporti respiro a tutta la comunità penitenziaria”. Le detenute proseguono affermando che il decreto carceri “non serve a nulla”. “Il sistema andrebbe riformato da zero…c’è poco personale, il reinserimento non esiste”. Nella lettera viene, infine, lanciato un appello: “Chiediamo a coloro che si sono indignati rispetto alle condizioni di detenzione di Ilaria Salis di fare lo stesso per le condizioni di noi ristretti in Italia”.

Sull’emergenza carceri, sovraffollamento, suicidi, dignità della vita da reclusi occorre partire da una premessa basilare. Nell’art. 27 della Costituzione italiana non si nomina nessun tipo di pena, ma si dispone che “le pene” (tutte) devono rispondere a due requisiti: uno, “non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità” e due, “devono tendere alla rieducazione del condannato”. Le pene diverse da così sono fuori legge, sono fuori Costituzione. Con amarezza e grande preoccupazione constato che non è così per i politici”. Così Samuele Ciambriello, garante campano dei detenuti e Portavoce della Conferenza nazionale dei garanti territoriali delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale. 

Ciambriello poi entra nel merito: “Il recente Decreto approvato in Parlamento è minimale, inadeguato, vuoto rispetto alle proporzioni dell’emergenza. Proposte che potrebbero essere un bene nel medio e lungo periodo non sono risolutive per l’oggi. Abbiamo bisogno di misure deflattive urgenti, di immediata esecuzione, per ridurre il numero dei detenuti, garantire cure, assistenza ed ascolto ai soggetti affetti da fragilità e disagio psichico, evitare nuovi ingressi limitando l’adozione di misure cautelari in carcere. Assunzioni di psicologi, mediatori linguistici, assistenti sociali, educatori”. Nell’incontro avuto con il Ministro Nordio il garante Ciambriello e il Coordinamento della Conferenza nazionale dei garanti territoriali hanno portato i numeri e le storie di coloro che devono scontare meno di un anno di carcere circa ottomila detenuti, e quelli che hanno hanno una condanna residua di tre anni e sono 21 075, su quasi 62mila detenuti.

“Vedo cause, veti ideologici, proposte inconsistenti nell’immediato. Le persone detenute, l’intera comunità penitenziaria attende fiduciosa che ognuno faccia la propria parte – conclude Ciambriello -. L’applicazione della detenzione domiciliare per gli ultimi diciotto mesi c’è, ma va promossa e incrementata, rimuovendo ostacoli e ritardi. Noi garanti vediamo il carcere là dove le contraddizioni si manifestano in maniera acuta. Nel nostro documento presentato al ministro abbiamo scritto che si può partire da misure immediatamente deflattive, come la proposta Giacchetti sulla liberazione anticipata speciale, applicandola retroattivamente o dalla via maestra di un provvedimento di clemenza. Il Ministro Nordio ci ha detto che ci rivedremo a inizio settembre”.

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