CALABRIA – Cosenza, è emergenza ma 100 tra medici e infermieri in aspettativa

13 Novembre 2020
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“Abbiamo circa 100 posti letto Covid e ne possiamo aprire al massimo altri 30”, questo spiega “l’attesa delle 44 persone contagiate da ricoverare”, perché “noi riusciamo a dimetterne 6 o 7 al giorno, ma al Pronto soccorso ne arrivano 15”; e in “pronto soccorso c’è carenza di medici perché è difficile reperirne”, ma “nessuno è in ferie”, però “purtroppo un centinaio di persone, fra medici, infermieri, amministrativi, sono in aspettativa volontaria, che l’Ao è obbligata a concedere, e fra questi c’è anche la dottoressa che ha lanciato l’allarme” sulla situazione all’ospedale. Quel che è certo è che “servono posti letto sul territorio, altrimenti sarà una rincorsa continua”. A dirlo all’AdnKronos è Francesco Zinno, direttore sanitario dell’Azienda ospedaliera “Annunziata” di Cosenza, dopo le polemiche sulle attese dei “positivi” al Pronto soccorso, la carenza di medici e infermieri, alcuni dei quali, secondo quanto denunciato ieri anche da una dottoressa, sarebbero in ferie. Notizia che il direttore sanitario smentisce decisamente. “All’ospedale di Cosenza  non c’è nessuno in ferie”, spiega il dottor Zinno, “non è possibile in questo momento andare in ferie, vista la carenza di personale e l’emergenza Covid. Purtroppo ci sono dei colleghi, operatori vari, in aspettativa volontaria, la legge lo consente. E fra questi c’è anche una dottoressa, rappresentante di un sindacato che ieri ho ricevuto, e che ha affermato che alcuni colleghi sarebbero in ferie. Ecco, lei è in aspettativa da circa un mese al 30% di stipendio, come previsto dalle norme. Aspettativa che non può essere negata, l’Azienda ha l’obbligo di concederla. Noi, fra medici, infermieri, eccetera, siamo circa 1200-1300 persone, quelli in aspettativa sono un centinaio. Fra questi, ripeto, c’è anche questa signora. Non a caso gli altri sindacati sono in rivolta per le sue parole. La dottoressa che sicuramente ha fatto bene a lanciare un grido d’allarme, forse se rinunciasse all’aspettativa venendo a lavorare, farebbe una cosa utile”. 

 In pronto soccorso, spiega il direttore sanitario, “c’è una carenza di medici, è fuori dubbio. Ma è difficile reperirne. Abbiamo indetto concorsi, avvisi pubblici, ma la gente non risponde perché i pronto soccorso non sono attrattivi. Lì, per vari motivi, c’è stata gradualmente una riduzione del personale, che è finito in altri reparti oppure in altri ospedali. Aggiungo, però, che noi abbiamo un blocco del turn-over da anni”. Ma, aggiunge il dottor Zinno, “voglio garantire che nessuno nell’ospedale passeggia, qui ci stiamo massacrando, siamo tutti sulle barricate. Ieri c’è stata questa protesta, e di fronte alla situazione, preso anche un po’ dall’ansia perché al Pronto soccorso può finire chiunque, anche mio padre o mia madre, ho voluto verificare com’è la situazione in altri ospedali d’Italia, per capire se solo noi siamo con l’acqua alla gola. Ma ho notato che la situazione è simile un po’ ovunque”.

Allo stato attuale, prosegue il direttore sanitario all’Adnkronos, “abbiamo circa 100 posti letto totali Covid fra posti ordinari e terapia intensiva. Ne stiamo aprendo altri 30. Ma non possiamo aprirne di più perché altrimenti dovremmo trasformare il nostro ospedale in ospedale covid, ed essendo il nostro ospedale hub con tutte le specializzazioni, unico della provincia, poi non potremmo curare le altre malattie. Dunque questo è il nostro massimo di posti letto”. E ciò, aggiunge il Dottor Zinno, “spiega l’attesa delle 44 persone da ricoverare. Dobbiamo fare i conti con il turn-over dei pazienti. Non è che se arrivano 10 persone da ricoverare noi automaticamente ne dimettiamo 10. Per fare un esempio, noi ogni giorno dei 100 pazienti ricoverati nel reparto Covid ne riusciamo a dimettere sei o sette, ma al pronto soccorso ne arrivano 15. Quindi, se non aprono i posti letto sul territorio sarà una rincorsa continua. O l’Asp apre gli ospedali chiusi sul territorio, e ce ne sono molti, e allora respiriamo, oppure qualcuno ci deve dire che l’ospedale di Cosenza va trasformato in ospedale Covid. Ma ovviamente è un’iperbole”. Non è neanche vero, aggiunge il direttore sanitario, “a differenza di quanto denunciato, che ci siano unità in esubero in chirurgia generale da poter spostare. In questo momento la chirurgia fa solo interventi urgenti, e a rotazione ci sono 20 pazienti fissi ricoverati. Non c’è nessun esubero”.

Quanto alla presunta rottura dell’apparecchio che processa i tamponi di tutta la provincia, il dottor Zinno afferma sempre all’Adnkronos: “Questa è un’altra vicenda per la quale io oggi andrò a fare una querela per procurato allarme, perché non è assolutamente vero. Sono messaggi terroristici. Il laboratorio di microbiologia dell’ospedale di Cosenza è l’unico in tutta la provincia. Lì ci sono colleghi eroici che processano 700 tamponi al giorno. Noi abbiamo due strumenti, uno è quello principale che lavora circa 650 tamponi al giorno, poi ce n’è un secondo, uno strumentino che utilizziamo per le situazioni di emergenza e che processa al massimo 40 o 50 tamponi al giorno. Ieri la dottoressa Greco, responsabile del laboratorio di Microbiologia, informa i primari dei reparti che lo strumentino si è rotto, come può succedere, e che la ditta ha un problema di operai in quarantena e quindi lo verrà a riparare dopodomani, vale a dire domani. Dunque ci ha avvisati che probabilmente questi tamponi in urgenza avrebbero potuto subire qualche ritardo. L’incidenza, perciò, è di 50 tamponi al giorno con un ritardo lieve nelle risposte. Da ciò è saltato fuori che noi non facciamo più tamponi”. La dottoressa Greco, dopo le notizie finite sui mass media, ci spiega, in conclusione, il direttore sanitario, “è venuta da me in lacrime affermando che non ce la fanno più, e che se crollano i colleghi, siamo davvero tutti morti. Il vostro mestiere è sacro, ma le notizie vanno date dopo averle valutate, perché non ci possiamo permettere di perdere persone di questo livello. Non ci possiamo permettere che il loro spirito di servizio crolli”. (di Luca Rocca)

Photo by Irwan iwe 

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