Autunno nero. E’ la morte civile ed economica. Attività lombarde crollano dell’80%

17 Novembre 2020
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 L’istituzione della zona rossa in Lombardia, con la conseguente chiusura di buona parte nei negozi, ha fatto crollare il settore tessile del 60-70 per cento e quello alberghiero dell’80. Lo ha comunicato ad Agenzia Nova Marco Barbieri, segretario generale di Unione Confcommercio Milano Lodi Monza e Brianza. “A oggi il settore del pubblico esercizio ha un calo del cinquanta per cento del fatturato rispetto a novembre 2019, perché alcune attività possono fare consegne a domicilio o asporto. L’abbigliamento (in cui le consegne a domicilio non si vedono molto), a settembre aveva un calo del 40-50 per cento, che poi timidamente si stava riducendo, mentre ora siamo tornati al – 60/70 per cento su tutto il settore del tessile.

Nel settore alberghiero siamo sotto almeno dell’80 per cento“, ha spiegato Barbieri, facendo riferimento ai territori di Milano, Lodi, Monza e Brianza. Per questo il segretario di Confcommercio contesta il meccanismo con cui vengono assegnati i ristori: “Continuiamo a sostenere che bisogna ragionare sul fatturato e non solo sui codici Ateco, perché il tema non è semplicemente chi è aperto e chi è chiuso, ma è il calo del fatturato anche di coloro che sono aperti”, ha detto Barbieri, riferendo che “l’indennità media a fondo perso di un’impresa con il decreto Rilancio è stata di 1.950 euro, diventati 4-5mila con il decreto Ristori”, a fronte pero di “attività chiuse o riaperte al cinquanta per cento da marzo”. 

 Il segretario generale di Unione Confcommercio Milano Lodi Monza e Brianza ha voluto fare chiarezza anche sul fatto che “il decreto Ristori bis non ha dato più soldi, ma allargato la platea dei beneficiari”. Se la Lombardia da zona rossa diventasse zona arancione, alcuni negozi, come quelli di abbigliamento, potrebbero riaprire. Di fronte a questa possibilità, Barbieri ha tenuto però a precisare: “Per noi l’aspetto prioritario è il tema sanitario. Apprendiamo da oggi che sembra che la curva incominci a scendere, ma non spetta a noi dire quando c’è una tutela della salute pubblica che sta migliorando e di conseguenza si possono allargare le briglie, perché non siamo del Comitato tecnico scientifico, non siamo virologi e non siamo medici”.

“Dopodichè – ha proseguito – è ovvio che per le attività commerciali prima si riapre in sicurezza meglio è. Vogliamo evitare tutti il più possibile di riaprire per la seconda volta e di dover chiudere per la terza”.

Ma ci sono altri dati.

“La produzione industriale a settembre, secondo i dati Istat, è calata del 5,6% su agosto, le vendite al dettaglio dello 0,8% e così via. Ora i dati di ottobre di Confcommercio ci confermano che questo trend negativo è destinato ulteriormente a peggiorare, visto che il nuovo semi-lockdown è iniziato il 26 ottobre e solo dal 6 novembre sono ritornate le zone rosse. Insomma, se, secondo i dati di Confcommercio, i servizi ricreativi (Icc in quantità) sono crollati a ottobre del 73,2% su base annua, ci domandiamo cosa accadrà a novembre quando sono scattate tutte le misure restrittive dei nuovi Dpcm”.

Lo ha detto Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori commentando i dati dell’Indicatore dei consumi Confcommercio (Icc), secondo i quali a ottobre i consumi sono calati dell’8,1% rispetto allo stesso mese del 2019. “L’Italia è nei guai! Nonostante i dati positivi del terzo trimestre 2020, con un Pil cresciuto del 16,1% rispetto a quello precedente, tutti gli indicatori finora emersi ci dicono che già alla fine del terzo trimestre, ossia a settembre, il rimbalzo era già finito”, ha concluso Dona.

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