di Luigi Basso – Nelle ultime ore, mentre negli Stati Uniti infuria la guerra (per ora, solo) psicologica tra Trump e Biden, si sono accavallati a Londra tre episodi, semplicemente impensabili fino a quindici giorni fa.
Lo spin doctor di Boris Johnson, Lee Cain, capo della comunicazione di Downing Street, ha annunciato che sta facendo gli scatoloni e nelle prossime settimane se ne andrà.
Lee Cain è stato uno dei mastini più incalzanti della Brexit.
Quasi simultaneamente, il Rasputin di Boris Johnson, il suo consigliere che secondo molti era dipinto come il diavolo che aveva posseduto l’anima del Premier britannico, si è dimesso.
Dominic Cumming è stato l’ideologo più completo e organico della Brexit: è stato l’anima “intellettuale” del movimento per il Leave.
Tutto questo poco dopo l’incontro avvenuto tra Boris Johnson e Bill Gates, l’icona dei globalisti e degli antiTrump.
Insomma, si tratta con tutta evidenza di tre episodi che segnano probabilmente la resa di Boris Johnson alla Brexit.
L’uscita dalla stanza dei bottoni dei capi Brexiteers non può essere una cosa casuale né un fatto che non avrà conseguenze politiche pesanti.
Tanto è vero che i giornali di sinistra esultano.
Non sappiamo se questi colpi di scena siano legati alla piega (apparentemente) presa dalle elezioni americane: a Londra potrebbero aver pensato che una possibile affermazione del tandem Biden Harris metterebbe il Regno Unito in un isolamento senza precedenti.
Da un lato, la rottura con la UE e dall’altro un governo USA molto tiepido sull’idea di creare un blocco commerciale anglosassone.
Biden Harris porterebbero avanti quella politica di sempre maggiore dipendenza dell’economia USA dalle importazioni da Cina, Messico e UE e non vi sarebbe spazio per un asse Washington Londra.
Photo by Viktor Forgacs