Ancora nessuna soluzione al payback applicata ai dispositivi medici, nonostante la proroga del Governo sia ormai scaduta. “Le imprese del comparto vivono con la spada di Damocle dei rimborsi che devono dare alle Regioni per le forniture che abbiamo eseguito, secondo legge e secondo le regole chiarite da bandi di gara regolarmente vinti e sotto il controllo delle stesse amministrazioni. Il payback è una norma assurda e anticostituzionale, eppure minaccia ancora tanto le imprese che il servizio sanitario di tutta l’Italia”.
A dichiararlo è Giacomo Guasone, vicepresidente vicario di Fifo Sanità Confcommercio, la federazione italiana dei fornitori in Sanità , che lancia un appello “alla Presidente del Consiglio Meloni perché questo pasticcio sia risolto”. “È scaduta anche la proroga di ottobre. Le regole per pagare non ci sono e sono anche tutte sub iudice. Ormai abbiamo a che fare con una matassa intricata di norme, pareri e sospensioni che non consentono nemmeno di arrivare a regolamenti di attuazione del rimborso “, prosegue Guasone.
“Ci appelliamo alla presidente del Consiglio Meloni perché questo pasticcio sia risolto. Le imprese non vedono nemici né nelle Regioni né nello Stato, ma occorre una rapida soluzione a questa legge iniqua che restituisce serenità alle amministrazioni, alle imprese, e soprattutto ai cittadini che rischiano ancora di non trovare dispositivi medici nel Pronto soccorso, in corsia e nelle sale operatorie”.
Fifo Sanità ha chiesto alle imprese del settore di fare tutto il possibile affinché le forniture continuino senza interruzioni. “Ma in caso di pagamento del rimborso – conclude Guasone – il blocco delle forniture sarebbe inevitabile e diretta conseguenza del fallimento delle imprese stesse. La palla, ora, è nelle mani del Governo. Finché resisteremo andremo avanti. Ma se sarà in pericolo la nostra esistenza imprenditoriale, il governo Meloni rischierà di essere ricordato per la fine della stessa idea del Servizio sanitario nazionale”.
Nota bene:
“Con il payback lo Stato si propone di ripianare l’aumento di spesa sanitaria pubblica.
L’intento, di per sé apprezzabile, rischia però di concretizzarsi con modalità che, come vedremo, sconcertano sotto vari profili e pongono le basi da un lato, per un potenziale affossamento definitivo del sistema sanitario nazionale, già compromesso nel corso degli anni dalle progressive e continue riduzioni dei budget di spesa a disposizione per la copertura del fabbisogno e delle richieste dei cittadini (dacché, parlare di ripiano dell’aumento di spesa pare del tutto singolare); dall’altro, metterebbe in seria crisi il comparto delle aziende del settore, nella sua totalità, o quasi, con conseguenze disastrose.
Nello specifico, il meccanismo del payback entra in gioco quando le Regioni sforano il tetto di spesa preventivato annualmente e chiama in causa le imprese fornitrici di dispositivi medici alle quali viene richiesto di partecipare al ripiano, nella misura del 50 % dello scostamento.
Si parla dunque di importi consistenti, al momento stimati in circa 2.1 miliardi di euro per gli anni di competenza (2015-2018), che le imprese fornitrici dovrebbero (ma atteso l’intervento in extremis da parte del Governo è corretto dire “avrebbero dovuto”) versare nelle casse dello Stato, entro il mese di gennaio, o compensare fino alla concorrenza dell’asserito debito”. (fonte https://www.centrostudilivatino.it/payback-dispositivi-medici-morte-del-ssn-o-delle-imprese-di-settore/)